Camorra, «indagati» 56 Comuni rossi in Campania

L’Antimafia: «La regione è al primo posto per corruzione e infiltrazione»

Gian Marco Chiocci

nostro inviato a Napoli

La rossa Campania arrossisce di vergogna. E di imbarazzo. L’offensiva della magistratura a Salerno, le commissioni di accesso nelle Asl, gli interventi ministeriali, i controlli della commissione Antimafia, gli scioglimenti di consigli comunali per infiltrazioni camorristiche, le rivelazione dei pentiti su assessori e consiglieri «amici», gli allarmi delle prefetture sull’intreccio mafia&politica, i più recenti dossier delle forze di polizia: ecco quel che di «eticamente scoveniente» su Ds e Margherita emerge dai carteggi segretati. Giusto un esempio, per cominciare. Pagina 1082 della relazione finale dell’organismo d’inchiesta parlamentare: «La regione più colpita di recente dai meccanismi di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso sui consigli comunali e provinciali, da un lato e sulle strutture amministrative, dall’altro, è rappresentato dalla Campania» di Antonio Bassolino.
Mal «Comune» mezzo gaudio. Sono 56 i consigli comunali dell’hinterland napoletano guidati da giunte di centrosinistra o da liste civiche vicine all’Unione sotto la lente di ingrandimento di varie strutture ispettive, di indagine, di monitoraggio. Fra quelli già sciolti per infiltrazione camorristica spuntano Pozzuoli, Afragola, Melito, Casoria, Crispano, Volla. Attualmente è invece presente la «commissione d’accesso» nei comuni di Marigliano, Acerra, Boscoreale, Pompei. Fra le amministrazioni e gli enti di riferimento a guida Ds o Margherita sui quali è avviato un «monitoraggio» finalizzato ad un’attività di prevenzione antimafia ecco Casavatore, Arzano, Somma Vesuviana, Caivano, Frattamaggiore, Frattaminore, Ercolano, Castellammare di Stabia, Casola di Napoli, Torre Annunziata, Pompei, Calvizzano, Portici (c’è già stato decreto di scioglimento, ora è in atto un ricorso al Consiglio di Stato) Grumo Nevano, Villaricca, Santa Maria La Carità, Sant’Antonio Abate. Una menzione a parte merita Pomigliano d’Arco, guidata da un consigliere regionale vicinissimo al presidente Bassolino. Precedentemente aveva scavato in quel Comune una Commissione d’accesso ma stando a quel che traspare dalle relazione dell’organismo parlamentare Antimafia, si è passati da un potenziale decreto di scioglimento al nulla. «Purtroppo - spiega il senatore di An, Michele Florino - qualche intervento dall’alto ha bloccato tutto. La commissione d’accesso aveva stabilito commistioni gravi con la criminalità».
Fra i comuni che non hanno sottoscritto e/o non hanno rispettato il protocollo sulla legalità per gli appalti pubblici, in cima alla lista figura Marano (il comune era stato sciolto per infiltrazioni camorristiche, accuse poi cadute e il consiglio reintegrato) il cui sindaco si è reso tristemente famoso per l’annullamento della delibera con la quale il commissario prefettizio intitolava una strada ai martiri di Nassiriya, sostituendola con «via Yasser Arafat». Identico comportamento sul protocollo per gli appalti è stato riscontrato per Serrara Fontana, Scisciano, Mugnano, Carbonara di Nola e Comiziano. E ancora. La lista è lunghissima anche nel capitolo dedicato ai comuni oggetto di un’attività di monitoraggio per l’«accertamento di irregolarità, illegittimità e abusi da parte di organi politici o gestionali». Si comincia con Massa di Somma, Agerola, Boscotrecase, Camposano, Cercola, Cardito, si prosegue con Forio, Giugliano, Mariglianella, Striano, Portici, Saviano, San Giorgio a Cremano, e si finisce con Sant’Anastasia, Poggiomarino, Pimonte, San Vitaliano, Palma Campania, Monte di Procida, Ottaviano, Napoli e via discorrendo.
Il centrosinistra fa male alla Salute. Sempre fra le righe del nuovo dossier Antimafia si legge: «Un elemento finora inedito riguarda invece lo scioglimento di un’azienda sanitaria locale nell’hinterland napoletano. Ciò conferma l’analisi che considera quale oggetto privilegiato del condizionamento mafioso non solo l’ente politico ma anche, e in misura non inferiore, l’apparato servente, ovvero l’amministrazione in senso tecnico». E qui, più che i Ds, un ruolo davvero preoccupante sembra esercitarlo proprio la Margherita. «Se i comuni del centrosinistra sciolti per mafia sono quelli dove la Margherita ha fatto il pieno dei voti - attacca Marcello Taglialatela di An - sul fronte sanitario un ruolo ancor più invasivo, di totale controllo, sembrano recitarlo gli uomini di riferimento della compagine campana di Prodi». Leggiamo le carte degli organi di polizia: la Asl Napoli-4, quella dell’agroaversano e del nolano guidata da un esponente della Margherita, è stata già sciolta. La Asl Napoli-5 ha lo stesso manico politico (Manlio Da Ponte) ha ospitato una «commissione d’accesso» di nomina prefettizia e secondo le previsioni potrebbe seguire analoga sorte. Altro manager che sfoglia la Margherita è il coordinatore di quella Asl Napoli-1, la più grande d’Italia (fino a sei mesi l’attuale assessore alla Sanità era il manager che la guidava) oggetto di «monitoraggio» in chiave antimafia e prossimo - così si sussurra in ambienti investigativi - all’insediamento di una «commissione d’accesso» anche per non aver revocato un grosso appalto delle pulizie a tre ditte interdette.
Il tramonto salernitano tra boss e varianti. Il sindaco di Salerno, il diessino Mario De Biase (per il quale la procura ha chiesto invano l’arresto insieme al deputato Ds Vincenzo De Luca in merito a vari procedimenti penali legati alle «varianti urbanistiche») dovrà presentarsi come teste dal pm della Dda, Filippo Spiezia, titolare di un fascicolo sulle infiltrazioni mafiose nell’amministrazione comunale. Il pentito Amedeo Pisapia del clan D’Agostino parla infatti diffusamente dell’assessore diesse Nino Savastano, così come per presunti apparentamenti mafiosi riferiti da altri pentiti è stato arrestato un consigliere comunale con delega alla «movida» (Enzo Bove, Ds). Stando alle preveggenti dichiarazioni del parlamentare De Luca, sarebbero imminenti iniziative giudiziarie nei confronti del vicesindaco di Salerno e dell’intera giunta di Pontecagnano. In ambedue i casi verrebbero colpiti importanti esponenti della Margherita: innanzitutto Carmine Mastalia numero due al comune salernitano (nipote del vicepresidente della giunta regionale Antonio Valiante) per le indagini sul crac della sua società Arc en ciel. Quindi i vertici dell’amministrazione picentina, ai ferri corti con il deputato De Luca e i Ds di Salerno per la storia della costruzione della centrale termoelettrica, su cui si dilunga il pentito Cosimo D’Andrea parlando di speculazione studiata a tavolino. Sarebbero nei guai per le rivelazioni di un altro pentito a proposito del presunto aiuto «alloggiativo» offerto a un boss latitante braccato dai carabinieri, e sui quali l’Antimafia scrive: «Sono state disvelate relazioni illecite tra alcuni ambienti della criminalità organizzata e apparati della pubblica amministrazione locale».

A chiusura dei lavori parlamentari la commissione del presidente Centaro non può fare a meno di ricordare l’attività della Dia sul comune di Montecorvino Pugliano, guidato da un cartello fra l’Udeur e la Margherita, da poco sciolto «per condizionamenti subiti dal gruppo criminale già facente capo a Giuseppe Esposito e dopo l’uccisione di quest’ultimo, ad Angelo Frappolo». Menzione speciale merita Baronissi, con l’ex sindaco Ds Giovanni Moscatiello, rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa, promosso consigliere provinciale dai Democratici di sinistra.

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