
Gli scenari giudiziari del crac Ligresti cambiano bruscamente ieri mattina, quando a sorpresa il giudice preliminare torinese Paola Boemio accoglie la richiesta di Davide Sangiorgio, avvocato di Paolo Ligresti, e sposta a Milano il processo a carico del figlio dell'Ingegnere di Paternò. Per ora a traslocare insieme a Ligresti junior sono solo i fascicoli di due imputati per le sue stesse accuse, falso in bilancio e aggiotaggio informativo, l'attuario Fulvio Gismondi e Piergiorgio Bedogni. Ma è chiaro che si è aperto un varco in cui potrebbero infilarsi anche altri imputati, con in testa Salvatore Ligresti, che fin dall'inizio dei loro guai giudiziari hanno fatto capire chiaramente che, potendo scegliere, avrebbero preferito di gran lunga essere processati sotto la Madonnina che sotto la Mole. Il dato di fatto da cui è partita la decisione di ieri del gip torinese, d'altronde, appare incontrovertibile: il comunicato sotto accusa, emesso da Fonsai il 23 marzo 2011, venne diramato dalla rete telematica a Milano. Ed è qui, pertanto, che si è perfezionato il reato.
Per gli imputati la situazione cambia parecchio. Il primo a beneficiare del cambio di sede sarà Gismondi, che viveva una situazione paradossale: a Milano era stato interrogato dal pm Luigi Orsi in veste di testimone e aveva fornito indicazioni preziose per ricostruire la genesi del default. A Torino, invece, era stato incriminato per concorso con i Ligresti. Adesso Gismondi torna sotto la giurisidzione di Orsi, e per lui è probabile una richiesta di archiviazione.
Per i Ligresti, che certo nemmeno a Milano possono sperare di cavarsela incolumi, lo spostamento di sede è fondamentale per un altro aspetto: nel capoluogo lombardo li aspetta una inchiesta che riparte da zero e che punta a chiarire e a sanzionare il loro ruolo, ma intende anche scavare in profondità nella rete di complicità e di istigazioni che hanno reso possibile che il buco del gruppo raggiungesse dimensioni colossali. Non siamo noi gli unici colpevoli, dicono in sostanza Salvatore Ligresti e i suoi eredi e manager. E questa è esattamente la ipotesi su cui sta lavorando il pm Orsi, che ravvisa responsabilità delle banche - in primo luogo Unicredit - nell'aggravamento della crisi .
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