Sea, trema la giunta Pisapia La Finanza a Palazzo Marino

Sea, trema la giunta Pisapia La Finanza a Palazzo Marino

Enrico Lagattolla

MilanoMai fidarsi dei magistrati. Per due mesi a Palazzo Marino avevano sperato che l’inchiesta sulla Sea, la società che gestisce gli aeroporti milanesi, fosse morta prima ancora di nascere, soffocata nella culla dalle divisioni interne alla Procura milanese. Un fascicolo per turbativa d’asta era stato aperto, quasi malvolentieri, a carico di ignoti. Invece, zitta zitta, la Guardia di finanza si era messa a scavare - su ordine del procuratore aggiunto Alfredo Robledo - sull’operazione più delicata voluta dalla giunta rossa di Giuliano Pisapia nel suo primo anno di mandato: la cessione alla F2i di Vito Gamberale del 30 per cento della Sea, con una gara d’appalto in cui la F2i fu l’unico concorrente.
E ieri l’indagine che sembrava dormire esplode in tutta la sua virulenza. La Guardia di finanza fa irruzione a Palazzo Marino - dove bussa alla porta del direttore generale Davide Corritore - e nella sede di F2i con i decreti di esibizione e di perquisizione firmati da Robledo. Si scopre che il fascicolo d’inchiesta ha preso forma negli ultimi giorni. Adesso ci sono degli indagati: sono Gamberale e il suo manager Mauro Maia, senior vice president di F2i, accusati entrambi per turbativa d’asta. Nell’ipotesi d’accusa, sarebbero riusciti a farsi cucire su misura la gara d’appalto. E questo chiama in causa direttamente la sponda politica, gli uomini per ora senza volto che dall’interno della macchina comunale milanese avrebbero spianato la strada a Gamberale per sbarcare in Sea.
Agli atti dell’inchiesta c’è la telefonata da cui tutto parte, intercettata nel luglio 2011 dalla Finanza di Firenze nel corso di un’altra inchiesta su Gamberale - che oggi si dice «disposto e collaborativo a tutti gli approfondimenti del caso» - e alcuni esponenti del Pd locale. La telefonata venne trasmessa subito dalla Procura di Firenze a quella di Milano, e dimenticata in un cassetto fin quando uno scoop dell’Espresso non ne svelò l’esistenza. A parlare sono Gamberale e Maia, che dice: «Hanno visto il documento». L’appalto - è il senso della conversazione - sarebbe stato fatto a misura di F2i. Ma il bando di gara divenne pubblico solo quattro mesi dopo, il 17 novembre. Come faceva il manager di Gamberale ad averlo già visto? O, se invece il documento è la proposta di F2i, chi sono gli interlocutori in Comune che lo «hanno già visto»? Quali rassicurazioni avevano ricevuto dagli esponenti della giunta che si era insediata da un mese, e che - in particolare nella persona del suo assessore al Bilancio, Bruno Tabacci - aveva puntato da subito a fare cassa con le azioni Sea? E come mai alla fine il pacchetto finì proprio a F2i, il fondo di investimento che ha nel suo consiglio d’amministrazione, su designazione di Monte dei Paschi, anche esponenti del Pd toscano?
È su questi temi che nei due mesi seguiti al risveglio della Procura milanese hanno lavorato i finanzieri milanesi. Venerdì scorso dalla caserma di via Filzi parte verso l’ufficio del procuratore aggiunto Robledo un rapporto che fa il punto delle indagini. Il poco che trapela non suona affatto tranquillizzante per Palazzo Marino: «Emerge l’esistenza di rapporti intercorsi tra soggetti coinvolti nell’operazione di cessione delle azioni della Sea antecedenti alla pubblicazione del bando di gara». E salta fuori anche il nome di un commercialista milanese, Andrea Mennillo, già comparso nell’inchiesta su Bipop, che «nel contesto della gara di cui sopra avrebbe ricevuto un incarico non meglio specificato affidatogli dal Gamberale a fronte del quale avrebbe percepito delle success fee».

Sembra la descrizione di una attività di lobbiyng coronata dal successo: raggiunto nella data che la Procura indica come il punto finale del reato, il 16 dicembre 2011. Quando si aprì l’unica busta e la Sea venne venduta a Gamberale con il rilancio di un solo euro.

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