Un 2008 in attesa dell’Expo

Non comincia sotto i migliori auspici, questo 2008, per Milano. Lo scippo romano di Malpensa è uno schiaffo sul muso che ci costringe a partire in salita, sulla difensiva. Mentre l'avvio dell'ecopass, inevitabilmente faticoso, sarà, comunque vada, indicazione preziosissima per la futura politica della mobilità e di lotta all'inquinamento. Ma la svolta decisiva si avrà a marzo, quando sapremo se Milano è stata scelta per l'Expo 2015 (e il declassamento dell'aeroporto varesino certo non aiuta). Se il responso sarà favorevole avrà l'effetto di una iniezione di adrenalina direttamente nel cuore di una città che negli ultimi anni mostra una patologica e innaturale tendenza all'autoflagellazione e al rimpianto di un bel tempo andato che non si sa bene quale sia. Secondo la linea delle periodiche interviste alla gaia poetessa Alda Merini, dopo le quali è sempre consigliabile un abbondante consumo di antidepressivi. Ma questa città anticipa sempre la condizione del Paese: la Milano che descriviamo oggi è l'Italia di domani. Se arriva l'Expo, comunque, per 7 anni Milano sarà impegnata in un progetto colossale, disporrà (se Roma mantiene le promesse) di risorse ingenti, sarà impegnata in una grandiosa trasformazione. Ma se non arriva bisognerà urgentemente mettere in cantiere qualcosa di altrettanto impegnativo ed entusiasmante.

Se non altro per non lasciare spazio ai professionisti del lamento, ai teorici del declinismo, ai piagnoni sempre tanto amati dalla «grande stampa progressista». Al sindaco Moratti è stato imputato di puntare tutto sull'Expo. Ma è un grande progetto e un obiettivo ambizioso. E di questo Milano ha bisogno.

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