Per il 2015 più che soldi ci vuole qualche idea

La questione dell'Expo torna alla ribalta (sebbene pensiamo che purtroppo lo sarà per la gioia dei lettori per altri cinque anni) per le ultime dichiarazioni, vere, false o presunte, di ridimensionamento dell'operazione, attraverso un fantomatico piano B del quale nessuno si assume la responsabilità. Comunque qualcosa di vero pare ci sia. Si arriva fatalmente al nocciolo della questione. L'Expo non può essere sviluppato solo attraverso le soluzioni urbanistiche, vale a dire costruendo metropolitane, grattacieli, vie d'acqua e quant'altro e impiegando una massa di denaro che oggi il Paese difficilmente si può permettere, anche perché la maggior parte dei fondi è destinata a giuste cause ma poi quando veramente arrivano non si sa. Fatto risaputo in ogni situazione e non certo solo per colpa del governo. La sola ed unica verità sta nel fatto che l'Expo deve essere un avvenimento di grande attrattiva, di livello davvero internazionale, perché altrimenti ha ragione Umberto Bossi quando parla di avvenimento ottocentesco. Il format della manifestazione deve essere in un certo senso rivoluzionario, accattivante, attuale ma non «déjà vu», allora anche i milioni di persone attese non saranno deluse e non si fermeranno a criticare un parcheggio o un grattacielo o una linea di bus. Quando noi ci muoviamo per andare a visitare una manifestazione, una mostra o una esibizione ci muoviamo proprio per questa, poi se attorno ad essa vi è un contesto piacevole, interessante, attuale, ben venga, ma il nostro viaggio non è stato inutile.

E allora lo sforzo per l'Expo deve essere uno sforzo di mente, di ideazione, di creatività, di esclusività e di attualità, legato giustamente a una serie di infrastrutture che permettano al visitatore di muoversi con facilità e di ammirare cose nuove, ma che non necessariamente devono incidere sulla finanza pubblica, in momenti come questi, assillante o frutto di compromessi e mediazioni che hanno poco del chiaro.

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