Cronaca locale

Il '68 non passa: a Brera si insegna ad occupare

Franco Berardi, ex leader di Potere operaio, pagato dall’Accademia di Brera per un seminario di sociologia dei media Ma ha deciso che cambierà programma: "Insegnerò come si occupano il parlamento, le piazze e le banche". Quei cattivi maestri che salgono in cattedra

Il '68 non passa: a Brera 
si insegna ad occupare

«Sarò a Brera il 14 marzo, ma agli studenti non parlerò, come avevo pianificato e promesso, di cyberculture, ma di come si organizza una insurrezione. Perché non vi è altro tema che valga la pena di discutere al momento». Ora, vaglielo a dire a quelli dell’Accademia, che l’hanno pagato - «malissimo pagato», dice lui - per un seminario sulla sociologia dei media. Ma Franco Berardi - «Bifo», da quarant’anni a questa parte - è fatto così. Un agitatore culturale. Uno che provoca. Uno che alla fine degli anni ’60 entrava in Potere Operaio dalla porta principale, che nei ’70 fondava Radio Alice (la prima radio libera), uno che da sinistra spendeva parole di fuoco contro le politiche sociali dell’allora sindaco di Bologna Sergio Cofferati, lo stesso Cofferati che pochi anni prima aveva portato in piazza due milioni di operai. Uno che spiazza, Bifo.

Così, agli studenti di Brera spiegherà - come ha anticipato il Riformista - come «abbattere la dittatura finanziaria in Europa», come «occupare una piazza, una stazione, un parlamento, una banca, e rimanere lì fin quando il governo della mafia se ne sarà andato, e fino a quando la dittatura Trichet-Sarkozy-Merkel sarà stata abbattuta», perché «la guerra che il capitalismo finanziario ha dichiarato contro la società è giunta alla stretta finale». Abbattere, dittaura, capitalismo. Già sentite. Quarant’anni fa, appunto. E com’è andata? Lo sappiamo, com’è andata. E allora, alla fine, la domanda si riduce a una. Ma voi andreste a prendere lezioni da uno che ha già dato buca alla Storia?

Perché di questo si tratta. Di un vizio da gerontocrati. Di una pretesa paternalistica. Chi ha un lungo passato ritiene di avere sempre e comunque qualcosa da insegnare ha chi ha un lungo futuro. Ammettiamolo. «Bifo» Berardi - classe 1949 - c’aveva visto bene. Eccome. Quando ancora la rete era roba pescatori, lui già pensava al web. Prima che internet si trasformasse in un ininterrotto social network, lui pubblicava saggi sul cyber-spazio. Ed è per questo che a Brera l’avevano invitato. A parlare di media nel terzo millennio, di comunicazione 2.0, di cultura al tempo di Facebook-Twitter-MySpace e oltre. E invece no. Dall’Accademia verrà pagato per insegnare teoria e pratica delle occupazioni. Insommma, per spiegare come si viola la legge. «È il momento di preparare l’insurrezione - scrive -. Dopo di che possiamo accettare l’idea che ciascuno di noi cercherà di cavarsela come può, magari ritirandosi in campagna. Ma è meglio sapere che il nostro futuro, come quello dei nostri studenti non esiste più, a meno che non siamo disposti a rischiare (molto, anche la vita questa volta) per il diritto a insegnare e studiare, per il diritto a un salario decente, e per la dignità».

Quindi, «la sola cosa da fare è occupare Brera e trasformarla in un centro per le azioni contro la dittatura finanziaria». Senza chiedersi se non stia agli studenti decidere se rischiare o no, se non sia giunto il momento di scendere dalle cattedre, se l’oppio (ahimè) non piaccia davvero ai popoli, se ognuno abbia un tempo a disposizione e se - scaduto quello - non ci sia altro da fare che consegnare le chiavi del presente alle nuove generazioni. Così come le pretese Bifo, quando aveva vent’anni.

Vedremo. Vedremo quanti studenti andranno ad ascoltare gli insegnamenti sulla Rivoluzione. Saranno in molti, di certo. Vedremo se uno - almeno uno - chiederà conto al professor Berardi di questo teatro da retro-avanguardia.

«Ci scusi prof, ma a lei non era andata male?».

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