Interpellato riguardo limpoverimento culturale che si sta abbattendo sul centro di Milano con la chiusura di numerosi e celebri cinema, Diego Abatantuono, cerca di nascondere dietro alla solita simpatia, una velata critica a un costume che si sta instaurando in maniera sempre maggiore nella gente comune.
«Purtroppo saranno almeno quindici anni che non entro più in un cinema. Mi sono però accorto di questa nuova moda dei multisala».
Che ne pensa?
«Al contrario della stragrande maggioranza, io sono per uninversione dei costumi, ma in qualsiasi settore: meno multisala in periferia e più cinema in centro, meno supermercati e grandi commerciali e più negozi e botteghe vicino a casa. Sono per un ritorno al passato, ma i veri problemi sono altri... ».
Di che tipo, mi scusi?
«I cinema chiudono sostanzialmente non perché le persone preferiscono i multisala, ma perché non si fanno più film di qualità che invoglino la gente a riempire le sale. Non esiste più il film con caratteristiche precise ma, tendenzialmente, prima si realizza il film, poi si decide di che genere è: un modo di lavorare che non sta né in cielo né in terra».
E lei, durante la sua produzione cinematografica, si è mai trovato di fronte alla scelta tra la realizzazione di un film di largo consumo piuttosto che un film di qualità?
«Ho sempre cercato di alternare film "di qualità" a film "di quantità". Il problema rimane uno solo: se il film è bello la gente lo va a vedere».
Non avrebbe una ricetta per salvaguardare i cinema del centro?
«Dovrebbe intervenire lo Stato, finanziando grandi opere e progetti di alto profilo per invogliare la gente a tornare al cinema.
Ma è un problema che passa in secondo piano rispetto a tanti altri, di maggior entità, a cui, purtroppo non sono mai chiamato per un parere...».
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