Roma«Vi erano altre quattro persone che erano state trattenute in un primo momento a disposizione della polizia per indagini ma sono intervenuto con il ministro degli Esteri e degli Interni afghani e abbiamo ottenuto che queste persone siano autorizzate a lasciare il Paese». Intervenendo da Sarajevo a Porta a Porta, il ministro degli Esteri Franco Frattini aggiunge un particolare inedito alla vicenda dei volontari di Emergency arrestati in Afghanistan. Lo fa per sottolineare limpegno del governo («Questo dimostra il mio impegno personale e dellambasciata fin dal primo momento») sottolineando come i nostri connazionali non siano stati affatto «abbandonati». Frattini fa sapere di aver disposto linvio nel sud del Paese del consigliere giuridico della nostra ambasciata, un magistrato che «seguirà direttamente le vicende di questa indagine» e di aver chiesto la nomina di un avvocato per i tre, «sebbene il diritto temporaneo afghano non lo preveda nei quindici giorni di tempo a disposizione della procura per formulare laccusa».
Detto questo, le dichiarazioni di Emergency, per le quali larresto dei tre italiani si sarebbe trasformato in un sequestro, non sono piaciute al ministro: «hanno il sapore di una polemica politica che non aiuta certo i nostri connazionali», sbotta. Le sparate di Gino Strada e dei suoi, inevitabilmente, vanno ad alimentare il malumore di Karzai e dei suoi verso una organizzazione di cui a Kabul tempo si diffida. Dai tempi in cui proprio Emergency si propose come unico mediatore per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo, il giornalista di Repubblica rapito per 14 giorni nel marzo del 2007 e poi rilasciato mentre il suo interprete, Adjmal Nashkbandi, fu trovato in seguito assassinato. Alla Farnesina si aspetta di capire meglio come stiano effettivamente le cose. Col timore, espresso a mezza bocca, che magari nellospedale di Lashkar Gah possa essersi infilata qualche «mela marcia». Le notizie che arrivano dal governo afghano continuano ad esser centrate sul ritrovamento in un magazzino dellospedale di un arsenale bellico niente affatto di poco conto, comprese cinture esplosive e granate. Ma alla Farnesina si trincerano dietro un muro di cautela: «È ridicolo pensare che DellAira, Pagani e Garatti - fanno sapere in ambienti diplomatici - siano complici di terroristi. Forse però hanno sottovalutato i rischi di tenere le porte aperte a tutti e di fidarsi di gente che poteva avere rapporti stretti con i talebani». A questo punto un fattore importante diviene il tempo: più i tre vengono detenuti dalle forze di Kabul, più aumenta il rischio che possano essere incolpati non di un reato minore, ma di intelligenza col nemico. Un pericolo contro il quale il ministero si sta muovendo anche con sollecitazioni indirizzate a Karzai perché i suoi uomini facciano sapere, e in fretta, quali siano i risultati delle indagini avviate. Oggi comunque sarà forse possibile saperne di più.
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