«Ho provato a scrivere una guida per un viaggio allinferno. Non serve un equipaggiamento speciale, ma in particolare allentrata, indistinta e ingannevole, è assolutamente necessario attenersi alle istruzioni»: così scriveva Abe Kobo a proposito del suo romanzo Lincontro segreto, pubblicato in Giappone nel 1977 e rimasto inedito in Italia sino ad oggi. Merito delleditore leccese Manni e del traduttore Gianluca Coci - che su Abe ha appena pubblicato in Giappone anche un saggio dal titolo Abe Kobo e il teatro sperimentale occidentale - se una delle figure di spicco della letteratura giapponese contemporanea, più volte candidato al Nobel, ritorna in libreria.
Sono ormai fuori catalogo da tempo, o irreperibili, insomma introvabili, i suoi successi più noti: il capolavoro La donna di sabbia (1962), da cui il regista Teshigahara Hiroshi ha tratto nel 1964 il film omonimo, che fu premio speciale della Giuria a Cannes, Il volto di un altro (1964) e La mappa bruciata (1967), che compongono la cosiddetta «trilogia dellesistenza», e Luomo-scatola (1973). «Uno dei massimi scrittori del nostro tempo, al pari di un Kafka o di un Faulkner», ha detto di lui il Nobel 1994 Oe Kenzaburo, che ha anche confessato di aver iniziato a scrivere proprio per imitare Abe, senza tuttavia essere mai riuscito «a raggiungere la caratteristica chiarezza di quel mondo che solo lui ha saputo creare».
Nato a Tokyo nel 1924 ma cresciuto fino alla prima giovinezza nella Manciuria occupata, e scomparso nel 1993, scrittore di romanzi e racconti, commediografo nella scia di Beckett e Ionesco ma con un accento tutto peculiare sulla dimensione surreale e onirica dellassurdo, fondatore nel 1973 dellAbe Kobo Studio, una compagnia teatrale nel cuore di Shibuya, quartiere di Tokyo in quegli anni snodo dei movimenti davanguardia, e di un metodo originale di training per gli attori (Abe Kobo shisutemu), Abe studiò per diventare medico e in effetti si laureò nel 1948, con la promessa di non esercitare mai (e tuttavia la medicina, e lentomologia di cui fu grande appassionato, ritorneranno ossessivamente nei suoi libri). La letteratura lo conquistò infatti proprio allora, quando entrò a far parte di un gruppo di scrittori guidati da Kiyoteru Hamada con lintento di fondere Surrealismo e ideologia marxista.
Ben presto tuttavia le caratteristiche della narrativa prima e della drammaturgia poi di Abe divennero assolutamente peculiari. Legate allindagine dei meandri della coscienza umana. Scaturite dal sogno e da esso strutturate: strutture temporali fluide o contorte, presenza di esseri polimorfi o mutanti, persone scomparse, eventi inspiegabili, assenza di coordinate spaziali riconoscibili, sequenze narrative distorte, stranianti. Tutte peculiarità già presenti ne Il muro, il romanzo che diede ad Abe la fama e che nel 1951 conquistò il prestigioso premio Akutagawa. Liperattività fantasmagorica e liperrealismo fondato sulla distorsione del dettaglio sono i buchi della serratura attraverso i quali Abe pretende di entrare nella realtà, tanto che una delle presenze sceniche con cui bisogna fare i conti nei suoi drammi sono i fantasmi, rappresentati di volta in volta da spiriti di defunti, animali immaginari o da un gigantesco lenzuolo bianco, che assume forme più o meno significanti a seconda dei movimenti degli attori. Chi frequenta la cinematografia e la letteratura giapponese pop contemporanea sa bene quanto forti - e originali per noi occidentali, meno per i giapponesi, in quanto fondate sul culto scintoista dei defunti - siano tornate ad essere le ghost-story, basti citare la serie di The Ring o i romanzi di Haruki Murakami o Banana Yoshimoto.
Abe era letteralmente affascinato dalla sperimentazione sul sonno e soprattutto sugli incubi. Usava, ad esempio, pilotarne la trama, dormendo con pigiami troppo stretti, su cuscini molto duri o con particolari suoni in sottofondo. Si addormentava con un registratore accanto, per catturare i sogni nel pieno della notte, prima che le luci dellalba li cancellassero dalla memoria: «Anche il più bello dei miei sogni - scrisse ne La luna ridente (1975), la raccolta di istantanee di sogni che pubblicò nel 1975 - non raggiunge mai il livello di piacere che posso provare in circostanze reali. Al contrario i miei incubi risultano di gran lunga più spaventosi e angoscianti della realtà». E proprio leggendo Lincontro segreto si scopre che Abe è riuscito a inserire questi incubi nel quotidiano, in un modo che ricorda alcuni racconti del nostro Buzzati, cioè sovrapponendoli a una realtà, questa sì alienante, contro cui Abe puntò il dito già negli anni Ottanta, accusando profeticamente i propri connazionali di una sorta di iperrazionalismo digitale che piano piano si andava sostituendo allimmaginazione.
Lincubo, o meglio lesperienza di estrema alienazione, de Lincontro segreto è imperniata sul sesso: il contatto fisico pare essere rimasto lunico mezzo per sfuggire alla solitudine e su questo bisogno léquipe medica di un gigantesco ospedale, struttura simbolica senza inizio né fine, onnipotente e dominatrice (e di nuovo, come non ricordare il Buzzati del racconto Sette piani) crea un perverso giro daffari. Il protagonista è un rappresentante di scarpe, coinvolto in una indagine interna allospedale alla ricerca della moglie, prelevata una mattina da casa in ambulanza e mai più tornata. Nellospedale, regolato da un sistema tecnologico che sorveglia il comportamento sessuale dei malati, il nostro incontra un vicedirettore afflitto da impotenza che per guarire diviene un uomo-cavallo con due peni, una segretaria nata in provetta alla ricerca del maschio che la liberi dalla sua frigidità, una tredicenne ninfomane e finalmente la stessa moglie, impegnata in una gara orgasmica.
Un vero girone infernale, in cui allapparenza non vi è più spazio per i sentimenti e in cui, come scrisse lo stesso Abe, «amore e intenti omicidi, sulla terra divisi come due rami, si fondono in un solo bulbo».
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