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«Aboliti i manicomi nessuno vuol creare strutture più sicure»

Il neuropsicologo Di Chiara: «Controlli insufficienti. Per i ricoveri dei soggetti pericolosi solo poche regioni si sono attrezzate, le altre nicchiano»

«Aboliti i manicomi nessuno vuol creare strutture più sicure»

Emiliano Farina

Appena le orecchie di Gaetano Di Chiara, neuropsicofarmacologo dell’Università di Cagliari, apprendono la lista dei delitti commessi da Simone Giorgieri, l’analisi scientifica lascia spazio alla fantasia del cinema. «Ha presente Hannibal the cannibal? - reagisce stupito il professore - ecco, siamo praticamente sullo stesso piano».
Giorgieri non lo poteva immaginare ma, dopo aver confessato di aver ucciso la sua educatrice (Manuela Schellino, 26 anni), ha acceso nuovamente i riflettori su questioni che fanno discutere soltanto dopo fatti di cronaca come questo. Poi le luci si abbassano e tutto ritorna nel dimenticatoio. Fino al prossimo caso.
Manuela lavorava per la comunità «Casa Margherita» di Belvedere Langhe (in provincia di Cuneo) e aveva in custodia quel giovane, handicappato psichico, che probabilmente l’ha massacrata mentre facevano una passeggiata. Era un’infermiera diplomata e al suo primo impiego. Domanda: è normale che un’educatrice inizi a lavorare con soggetti potenzialmente così pericolosi? «In questo caso l’inesperienza potrebbe aver avuto un ruolo importante ma può capitare - commenta Di Chiara - perché si tratta di un mestiere pericoloso. Immaginate una guardia medica appena laureata che si trova davanti a un caso difficile: è la stessa cosa. E comunque se quella povera ragazza assisteva Giorgieri, evidentemente aveva tutti i requisiti formali per svolgere quel compito». Ma oltre i formalismi c’è un altro aspetto che il neuropsicofarmacologo sottolinea. «Non sono gli assistenti che dovrebbero stare più attenti ma chi li coordina. Il nostro sistema sanitario attua dei controlli insufficienti. Sì, possiamo chiamarla malasanità. E questo non è certo l’unico caso».
È d’accordo con la riapertura dei manicomi? «Riaprirli potrebbe avere un senso, ma soltanto se non si riesce a trovare altre soluzioni. E la realtà, purtroppo, è che dopo tanti anni (28 ndr) dall’entrata in vigore della legge Basaglia non siamo ancora riusciti ad arginare il problema».
Ma, secondo Di Chiara, i manicomi - almeno quelli di fatto - sono ancora aperti. «L’intervento della forza pubblica, il parere dello psichiatra e un decreto del sindaco sono i tre tasselli fondamentali per procedere al ricovero coatto di soggetti pericolosi». Dove? «All’interno dei presidi aperti in tante regioni.

Il problema, piuttosto, è che mentre Veneto, Toscana, Lombardia o Emilia li hanno istituiti da tempo, in tante regioni, al Nord come al Sud, non sanno neanche cosa siano».

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