Abu Mazen forma il nuovo governo e gli Stati Uniti revocano le sanzioni

L’esecutivo subito riconosciuto dagli Usa: «Avrà il pieno appoggio della Casa Bianca» Israele promette di aiutare il presidente Anp

da Ramallah

Per Hamas è solo l’«altro» governo. Per Abu Mazen, Fatah, Stati Uniti e Israele è l’unico governo legittimo. Salam Fayyad, l’ex ministro delle Finanze promosso a premier incaricato, l’ha messo in piedi in meno di 24 ore e ieri notte è salito alla Muqata per il giuramento di rito nelle mani del presidente. Ottenere la fiducia del Parlamento sarà un po’ più complesso. Due terzi dei deputati, la maggioranza eletta nelle liste di Hamas, langue nelle prigioni di Hamas, in quelle di Fatah o, più semplicemente, risiede a Gaza.
Ma in tempi d’emergenza non c’è spazio per le formalità. E in fondo la durata dello stato d’emergenza cos’è se non una formalità. Certo la Carta costituzionale pretenderebbe, già dopo i primi trenta giorni, la ratifica parlamentare per un’eventuale estensione di un altro mese. Ma siamo sempre lì, manca il Parlamento, mancano i deputati e d’elezioni manco si parla. Dunque gli esperti convocati per l’occasione da Abu Mazen, e qualche suggerimento dell’ambasciata americana, hanno convinto tutti che il tempo giusto per l’emergenza sarà di almeno sei mesi. E forse anche di un anno. E chi non è d’accordo si rivolga pure al Parlamento.
Del resto il presidente palestinese, pur avendo perduto la Striscia di Gaza, ha per una volta la gradevole sensazione di stare dalla parte del più forte. Le dichiarazioni in partenza da Washington e dal consolato americano di Gerusalemme parlano chiaro. «Il governo di emergenza – assicurano tutte le fonti americane – avrà il pieno appoggio della Casa Bianca». E stavolta non sarà solo un appoggio formale. Entro pochi giorni tutti gli aiuti economici bloccati dopo la vittoria di Hamas del gennaio 2006 verranno scongelati. «I primi annunci ufficiali di Washington riguardo la ripresa dell’assistenza finanziaria potrebbero arrivare già all’inizio della prossima settimana», fa sapere Jacob Walles, console generale degli Stati Uniti a Gerusalemme.
E anche il premier israeliano Ehud Olmert approfitta di una telefonata con il presidente egiziano Hosni Mubarak per lasciarsi sfuggire qualche promessa. «Israele dopo la presa di Gaza da parte delle forze radicali farà tutto il possibile per aiutare i moderati dell’Autorità palestinese», garantisce Olmert. L’aiuto consisterà probabilmente nello scongelamento delle rimesse fiscali rimaste sui conti israeliani dopo la vittoria fondamentalista. Il via libera alla ripresa dei versamenti potrebbe venir valutato già nella riunione dell’esecutivo di quest’oggi. Il ministro della Sicurezza pubblica Avi Dichter fa comunque sapere che Israele non ha nessuna intenzione di assistere a un disastro umanitario nella Striscia e per questo riaprirà entro breve i valichi commerciali lasciando passare gli aiuti diretti alla popolazione civile.
Completamente diverso, invece, il messaggio di Israele indirizzato ad Hamas e alle autorità che si preparano a governare la Striscia. Chi controllerà Gaza verrà considerato alla stregua di un’entità nemica e dovrà fronteggiare gli sforzi dell’esercito deciso a impedire con tutti i mezzi i traffici di armi e denaro tra il sud della Striscia e l’Egitto.
A Gaza intanto il nuovo ordine di Hamas stenta a decollare.

Al valico di Eretz e lungo la costa si susseguono le fughe dei sostenitori di Fatah, nelle città i tentativi delle milizie fondamentaliste di sequestrare le armi in circolazione devono fare i conti con la resistenza, anche violenta, dei potentissimi clan che controllano incontrastati tutti i traffici della Striscia.

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