Stefano Bolognini, assessore regionale con delega ai Giovani, molti ragazzi anche in Lombardia vivono un passaggio particolarmente complesso. Insieme alle opportunità non mancano difficoltà, di vario genere, dalla violenza all'abbandono scolastico.
«I dati segnalano un aumento della povertà assoluta, e un peggioramento della condizione economica di molte famiglie, di molti bambini e adolescenti. Emerge una povertà sociale, culturale educativa, e anche sanitaria, e le istituzioni hanno il compito di mettere in campo reti e interventi che contrastino questa tendenza che tutto il Paese sta vivendo».
Come, concretamente?
«Rafforzare e valorizzare i modelli positivi è uno stimolo importante per invertire la tendenza. Spesso si dice che i giovani vanno aiutati. Ma una cosa fa riflettere: nessuno li ascolta. E invece vanno ascoltati capiti, usando i linguaggi e gli strumenti che utilizzano, per comprendere i bisogni e dare risposte. Noi abbiamo cercato di valorizzare, oltre ai Comuni e alle istituzioni, anche il terzo settore, in grado di realizzare progetti importanti e complementari. Ricordiamo che la Lombardia ha numeri migliori di altre realtà, questo aiuta».
Di quali indici parla?
«Penso all'università, al volontariato, al fatto che un quinto delle start-up italiane siano a Milano. Partendo da questi numeri si possono creare stimoli. Pensiamo alla prossima colletta alimentare, alle migliaia di giovani volontari. Io sono per ribaltare il paradigma, illuminando ciò che funziona, ciò che riesce. C'è chi cambia, chi riparte, ci sono ragazzi che entrano in comunità per problemi ed escono educatori. Non sono molti ma tracciano una strada».
Quali strumenti vede?
«Tutte le attività che permettono di instaurare una relazione che permetta di valorizzarsi, di mettersi in gioco. Gli strumenti sono i più diversi, poi ognuno trova la sua strada la sua vocazione. Volontariato, sport, doposcuola, oggi ho visto un coro. Il tema è l'ingaggio, lo stimolo per crescere».
La tecnologia, problema od opportunità? Come vede questi cellulari? E il gioco?
«Sono contento perché le fiere di gaming ora hanno una parte educativa, segno di un percorso di responsabilità, anche sociale. Sicuramente ci sono insidie e dobbiamo rafforzare le attività di prevenzione ed educative, le famiglie devono avere attenzione e leggere i campanelli d'allarme, quando ci sono, ma voglio vedere la parte sana e buona, il telefono è anche uno strumento utile, e giocare con un amico ha anche carattere positivo. Ora c'è la Games week, e il fatto che migliaia di ragazzi abbiano voglia di andare a un evento io lo valuto positivamente. C'è una presenza della Polizia postale sul tema della pedo-pornografia. Sono occasioni per veicolare un messaggio positivo. Io non demonizzo affatto la tecnologia e il gioco, entro i limiti di un uso sano».
Anche qui, ascolto e messaggi positivi.
«Dopo il Covid, i giovani hanno ancora più voglia di prima di tornare a vivere e stare insieme, e invece sono schiacciati su una narrazione che li vuole chiusi e privi di relazioni. Mi pare superficiale fermarsi a questo. Io vedo ragazzi che hanno viglia di vivere, incontrarsi, studiare, crescere. Non sottovaluto i problemi, ma valorizzerei le energie positive. A Sesto ho incontrato una classe che fa un corso facoltativo, il pomeriggio, per riparare elettrodomestici di ultima generazione. E molti arrivano da lontano. Certo, in generale ci sono problemi di povertà, sociale e sanitaria, di abusi, di fragilità e disabilità. Spesso le risposte non sono sufficienti e bisogna capire come mai. Ma bisogna aggredire ciò che non funziona con quello che funziona».
C'è una narrazione ingenerosa insomma.
«Ho appena letto l'ennesimo articolo su chi non studia e non lavora. Raccontiamo anche altro. Noi abbiamo fatto il bando Giovani smart, cultura, laboratori e sport per l'inclusione. Hanno partecipato mille fra enti e associazioni. Si manifesta anche una capacità di risposta che va sostenuta, per invertire questi trend».
Fra i quali il problema della violenza, delle gang.
«È difficile, ma con questi nessuno parla, o ha parlato. Allora, diciamo che chi sbaglia paga e deve pagare. Questi hanno un concetto della legalità e delle istituzioni del tutto sbagliato. Sfidano lo Stato anche con atteggiamenti violenti, quindi devono pagare ma devono anche capire l'errore e trovare modelli diversi. Spesso diventano loro stessi pseudo-modelli, negativi.
Allora non vanno banalizzati e minimizzati i campanelli d'allarme delle baby gang e della violenza giovanile, ma il fallimento è non offrire alternative in questi quartieri. A San Siro, ho visto una ragazza col velo che aspettava, mezz'ora prima, di entrare in un doposcuola cattolico. Mi pare straordinario».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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