Accusato di vandalismo nel 2002, ora lo scagionano

Indagato per la profanazione di decine di tombe ebraiche del cimitero di Roma, l’uomo perse anche il lavoro. Ma per i magistrati è innocente

Decine di tombe danneggiate, statue di marmo divelte, lastre di marmo spaccate e vasi di fiori buttati a terra. Fece scalpore, nel luglio del 2002, la notizia del raid vandalico compiuto nel settore ebraico del cimitero del Verano, a Roma. Una devastazione destinata a rimanere senza colpevoli. Ieri, infatti, accogliendo la richiesta del pm Adelchi D’Ippolito, il gip Marina Finiti ha disposto l’archiviazione dell’inchiesta che aveva coinvolto cinque persone per reati che vanno dall’estorsione, alla violazione di sepolcro, al vilipendio di tombe e al danneggiamento su edifici destinati all’esercizio di un culto. Sono serviti quattro anni e mezzo alla giustizia per consentire agli indagati, uno dei quali venne anche arrestato, di uscire di scena a testa alta.
Nei guai finirono Vincenzo Tardiola, all’epoca vicedirettore dei servizi funebri e cimiteriali, Valerio Comandini, consulente Ama, i giardinieri Claudio Romani, Franco Frattarola, Enzo Mondati e Franco Mucciarelli. Secondo la Procura chi prese parte alla devastazione voleva fare pressione sulla direzione gestionale del cimitero in modo da costringerla a mantenere invariate le mansioni di coloro, sebbene in pensione, svolgevano attività di guardiania e manutenzione. Le indagini, però, non sono approdate a nulla di concreto e nel maggio del 2006 il pm ha chiesto di mandare tutto in archivio. Andrà avanti soltanto il fascicolo relativo al danneggiamento di un cipresso secolare che, per l’accusa, doveva essere rimosso per consentire la costruzione di una tomba di famiglia. Per questo episodio il giardiniere Claudio Romani scontò quattro mesi ai domiciliari. Dall’inchiesta sul raid al cimitero, che suscitò profonda indignazione, scaturì poi un altro filone di indagine. Il magistrato cominciò a lavorare sulle presunte irregolarità commesse per ottenere il rilascio di concessioni in deroga per l’edificazione di nuove tombe. E l’indagine portò ad un processo, tutt’ora in corso, contro undici componenti della quarta commissione consiliare del Comune, lo stesso Tardiola, la stilista Paola Fendi, Nunzio D’Erme e sei marmisti.


«Dispiace che la Procura abbia impiegato 4 anni e mezzo per rendersi conto dell’estraneità di Romani. Il mio cliente ha subìto la sospensione dal lavoro e ancora oggi riceve l’assegno familiare», commenta l’avvocato Pierluigi Mancuso, che assiste il giardiniere.

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