Acquarone e Udeur, divorzio con veleno

Dice lui che è una questione di serietà: «Clemente Mastella mi ha offerto di fare il capolista in Campania, ma io non voglio fare il deputato fuori dalla Liguria, non sarebbe rispettoso per gli elettori». Dicono gli altri, i maligni compagni di Udeur, che Lorenzo Acquarone ha deciso di tornare al suo studio di avvocato e addio politica per ben altri motivi. Uno fa così: «Mastella in realtà gli aveva promesso un posto di sottosegretario, ma lui non si è fidato». Un’altro, più feroce, dice che «Acquarone ha cercato un posto nel listone dell’Ulivo forte della sua amicizia con i Ds, ma la Margherita non l’ha voluto». Di fatto, sogghignano in molti, è un nome in meno da piazzare, che in tempi di ristrettezze proporzionali non dispiace.
Lui lascia una porta aperta alle offerte: «Ritirarmi? Per sapere cosa farò bisognerebbe interrogare il futuro. I rapporti sono cordiali, ma certo se uno non è candidato si dà meno da fare». Nel mezzo c’è stata la «fuga col bottino» del tesoriere del partito, Tancredi Cimmino, che ha lasciato il suo ruolo ma s’è tenuto la presidenza della società che stampa il quotidiano dell’Udeur, Il Campanile, e incassa i finanziamenti destinati all’editoria di partito. Cimmino aveva annunciato le dimissioni il 3 febbraio ma il consiglio nazionale è stato convocato solo il 15, con tanti saluti alla riconciliazione. Colpa di Acquarone, han puntato il dito in molti, che era arrabbiato per la mancata candidatura e s’è vendicato convocando l’organismo in ritardo. Lui si difende: «Nego assolutamente, nessuno me lo aveva chiesto di convocare il consiglio nazionale».

Gli altri attaccano: «Buona questa, la verità è che Acquarone era da un po’ in dissenso con Mastella perché non voleva turbare i suoi rapporti con i Ds, tant’è vero che nel suo collegio non volle affiggere i manifesti sulla fecondazione assistita». È il gioco delle due verità, e i giochi per le candidature restano aperti.

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