Via le giunte, nessun assessore e consiglieri ridotti a dieci. E senza alcuna remunerazione. Da subito. La scure del governo Monti si abbatte sulle Province. E la situazione è probabilmente ancor peggiore di quanto potesse sembrare domenica sera quando l’esecutivo dei professori ha illustrato le misure della manovra finanziaria. Perché dopo l’intervento del premier ieri alla Camera, appare ormai chiaro che la sforbiciata è solo il primo passo verso l’abolizione. Il tutto rubricato, almeno giornalisticamente, nel capitolo del taglio dei costi della politica. Con l’intenzione, almeno in un primo momento, di assegnare alle Province un «ruolo intermedio con funzioni di servizio e coordinamento», come ha spiegato ieri Monti nell’aula di Montecitorio, aggiungendo però che «il governo esprime la netta convinzione che si debba procedere al loro superamento e sosterrà iniziative che in parlamento vadano in questa direzione». Timidi applausi dai banchi dell’Udc e dai finiani di Fli, ma durissima, nel suo intervento, la reazione del capogruppo della Lega Marco Reguzzoni che punta il dito sulla presenza nel governo di un prefetto come ministro dell’Interno («Toccate le Province, ma non volete toccare le prefetture»).
Di «fumo negli occhi» parla il presidente Guido podestà che ieri a Roma ha partecipato all’assemblea dell’Upi. Spiegando essere questa «una strada che non condivido, puramente demagogica che prescinde dagli studi oggettivi che evidenziano come l’abolizione delle Province porterebbe a un aumento dei costi». Perché «essendoci 4.520 enti medi, se si volessero fare cose intelligenti, anziché aggredire le Province, non sarebbe il caso di fare uno studio approfondito su come rimodulare questa fascia?». Non solo. «Non capisco come un governo di non eletti possa pensare di mandare a casa degli eletti dal popolo. Senza nemmeno aspettare il termine del mandato e senza nessuna modifica della carta costituzionale».
«Questa manovra - ha spiegato ieri a Roma Bruno Dapei all’apertura dell’assemblea dei consigli provinciali di cui è coordinatore nazionale - ha il grave difetto di buttare il bambino per tenere l’acqua sporca. Il decreto non abolisce le Province, ma anzi le rende carrozzoni inutili in un sistema che diventa più costoso e meno razionale, per di più togliendo ai cittadini la possibilità di eleggere direttamente i loro rappresentanti. Non si può rispondere alla crisi della rappresentanza semplicemente abolendola, per di più per mano di un governo tecnico». E cita lo studio che sarà presentato oggi dalla Bocconi secondo cui consigli e giunte provinciali, elezioni comprese, costano a ogni cittadino un paio di caffè all’anno. «Non ci sono serie motivazioni economiche per questa riduzione di democrazia, ma se non si vuol pensare di peggio, si tratta di una finta rivoluzione anti casta che non scalfisce minimamente i veri privilegiati». Critico con il governo Monti anche il capogruppo del Pd a Palazzo Isimbardi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.