Paolo Galimberti, presidente dei giovani imprenditori di Confcommercio, a Milano nascono 30 imprese al giorno, significa che la vitalità economica della città non è venuta meno neanche nella fase più difficile?
«Significa che cè un grande fermento, e voglia di ripartire dopo un periodo difficile. Inoltre dobbiamo sempre ricordare che le piccole e medie imprese sono la stragrande maggioranza. Sono la spina dorsale della nostra realtà produttiva. E quando riparte la spina dorsale riparte tutto».
Dal dato vanno sottratte però le cessazioni. Le imprese che chiudono...
«Certo, bisogna tenere presente il saldo fra aperture e chiusure. Nel 2009, per lItalia, sappiamo che il saldo è negativo di 110mila imprese».
A Milano le aperture possono essere un po drogate dal dato delle ditte degli immigrati?
«Il dato non è affatto drogato. Anzi, è veritiero. È la fotografia panoramica delle imprese, degli italiani, degli immigrati, di un mondo dei servizi che è molto importante».
Fra le preoccupazioni maggiori delle imprese allinizio della devastante crisi prima finanziaria e poi economica cera la difficoltà di accesso al credito. La situazione è migliorata da questo punto di vista?
«No, non è migliorata affatto. Ci sono dati secondo i quali le imprese non chiedono credito, o chiedono meno. Ma ormai è risaputo che quando ci si rivolge a un istituto per ottenere lapertura di una linea di credito questa pone mille e una difficoltà, tanto che alla fine ottengono risposte positive solo quelli alti, belli, con gli occhi azzurri, che parlano dieci lingue e magari hanno il sangue blu. Noi abbiamo in cantiere un progetto rivoluzionario che cambia lapproccio delle imprese e delle banche. A settembre lo presenteremo».
Dal punto di vista della sburocratizzazione gli impegni del governo vi sembrano promettenti?
«Dobbiamo vedere come si traduce il principio, ma indubbiamente con la semplificazione andremo verso un Paese normale. La normalità non è leccesso di balzelli».
Come giudicate la manovra finanziaria?
«Io la giudico in modo assolutamente positivo. È rigorosa, volta a rimettere il Paese sulla griglia di partenza. Forse è ancora incompleta. Nel senso che si poteva fare di più per sostenere i consumi e le imprese. O meglio, si poteva fare per tutto il Paese. Ecco questo dato delle 30mila imprese nate in 15 mesi devono rappresentare uno stimolo per dire che le imprese devono essere sostenute».
Impressiona il fatto che il 60% dei nuovi imprenditori a Milano abbia fondato unazienda per trovare lavoro...
«Io lo trovo molto positivo questo dato, perché è insito in quel self employment che fa dellItalia un grande Paese. É bene che in tanti vedano il loro futuro come autoimprenditorialità, anche perché il tempo delle mille lire al mese è finito. Oggi sempre di più è necessario vedersi come imprenditori di se stessi».
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