Adele Cassina è una signora di 68 anni col cognome che pesa. Suo padre Cesare è stato il «tappezziere finito» diventato pioniere del design, negli anni 50 o giù di lì quando ancora gli architetti non si chiamavano designer e non avevano niente a che fare coi mobili. Cesare e suo fratello Umberto avevano una bottega a Meda, il paese dei mobilieri. Fanno tavoli, sedie, poltrone dal 1927. Sono loro e quattro o cinque operai. Cesare a 9 nove anni se nera venuto in città, a Milano, a imparare il mestiere.
La sua storia è di quelle che fanno la piccola grande storia dellindustria di questo Paese. Da bottega a stabilimento per poi diventare quella che sarà la «Cassina spa», unazienda leader nel settore dellarredamento con oltre trecento dipendenti e le firme dei più grandi designer. Dietro, sempre il fratello grande, Umberto, e lui Cesare con quel suo «fiuto speciale e una sommersa ma viva sensibilità che lo portava allirrequitezza tipica del creativo e alla fuga in avanti, verso nuovi spazi...», racconta oggi Adele. Così è sempre il Cesare che insieme con i fratelli Borsani della Tecno si inventa il modello distributivo dei mobili contemporanei affidandosi a una rete di distributori e aprendo i primi negozi agli inizi degli anni 60 in via del Babuino a Roma e qualche anno più tardi in via Durini a Milano. Poi incontra Dino Gavina e insieme con Sergio Gandini danno vita a «Flos» e nel 66 insieme con Pietro Busnelli la C&B. La bottega è diventata un colossso. Cesare sta sempre a Meda. E qui arrivano gli architetti. Ponti, Vico Magistretti, Gaetano Pesce e il primo fra tutti Franco Albini già nel 48. «Ponti arrivò nel 49 - racconta Adele - i primi tempi sempre accompagnato dalla signora Giulia, la moglie. E io ricordo latmosfera elettrica e intimorita ma al tempo stesso gioiosa e forte che procurava larrivo dellArchitetto». Già, perché Cesare ripeteva offelé fa el tò mestée, a ognuno il suo mestiere. Tanto è vero che anche quando la Cassina avrà il suo centro ricerche dove si studiano i prototipi, si «fanno» gli oggetti, redarguisce chi ci lavora: «Guai guai - ripeteva mio padre, qui nessuno deve avere idee. Noi dobbiamo essere come le levatrici, come coloro che aiutano il bambino a nascere». E i bambini che nascono sono di quelli che diventeranno famosi. Con Ponti si tratta ad esempio della «Superleggera», o la sedia «646» perché i fratelli Cassina indicavano tutti i loro prodotti con un numero. Poi la successione delle aziande a volte prende strane pieghe. E la Cassina oggi non è più della famiglia.
Ma...
Adele Cassina è appunto una signora di 68 anni con un cognome che pesa. Ma è anche una signora che ha il coraggio e lentusiasmo di una giovinetta mentre ti guarda dritta negli occhi e ti dice: «Io sono nata oggi». Già, perché Adele che tutta la vita ha respirato aria di design sè messa in testa che se suo padre è stato il pioniere negli anni 50, lei ora può fare la stessa cosa. Così ieri pomeriggio in corso di Porta Nuova ha aperto il suo show room. Si chiama AdeleCassina tutto attaccato e dentro ci sono non oggetti ma «soggetti» di design, come li chiama lei. Il Soggetto dei soggetti si chiama Zarina, una poltrona in due colori che è la perfetta esplosione di quella poltroncina che il padre Cesare le fece con le sue mani quando lei aveva solo cinque anni, solo un anno dopo la morte di sua madre. Per questo e per molti altri motivi quella poltroncina è la sua vita. E da lì lei riparte. Poi ci sono un letto, una libreria, un divano e la riedizione del tavolo 778 e la sedia 121 di Tobia Scarpa. Ma è solo linizio.
E si può ricominciare.
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