Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Roma - Gianpi parla a Napoli e la «Bari-bene» trema. Le dichiarazioni di Tarantini ai pm partenopei che l’hanno arrestato per la presunta estorsione a Berlusconi riaccendono i riflettori su Bari. L’ormai imminente deposito degli atti dell’inchiesta pugliese sul filone escort promette d’essere un vero terremoto: nelle carte vi sarebbero riferimento a mogli e compagne di importanti professionisti cittadini, che si sarebbero prestate a prendere parte a serate a luci rosse.
L’indagine barese, come è noto, per i pm napoletani è il terreno su cui Tarantini, la moglie e l’editore Valter Lavitola avrebbero messo in piedi l’estorsione da 500mila euro a danno di Silvio Berlusconi. Disposto a pagare - secondo la procura partenopea - per far sì che Tarantini patteggiasse nell’indagine barese sulla D’Addario e sulle altre ragazze che Gianpi aveva introdotto alle serate del premier, impedendo la diffusione di intercettazioni «imbarazzanti», e confermando che il Cavaliere era all’oscuro del fatto che quelle ragazze fossero escort. Ma l’impostazione dei pm fa a cazzotti con un’indagine che vede almeno 12 indagati: il patteggiamento di Tarantini non potrebbe impedire niente.
Infatti sabato a Poggioreale, in tre ore di confronto con le toghe napoletane, Tarantini ha ribadito di non temere le intercettazioni col premier o quelle tra lui e le ragazze. La sua paura è che gli atti dell’inchiesta pugliese finiranno per «sconvolgere» la sua città, Bari. Perché le ragazze portate alle feste dall’ex reuccio delle protesi non erano solo escort ma mogli di notai, avvocati, imprenditori, amiche di sua moglie, quasi tutte di famiglie in vista della città, «usate» per presentarsi dal Cavaliere e da altri notabili circondato da donne spacciate per amiche. I nomi noti del capoluogo pugliese destinati al tritacarne mediatico sarebbero decine, e Gianpaolo infatti ha messo a verbale di temere questo fronte, prevedendo che dopo la pubblicazione degli atti «mia moglie mi lascerà».
Ma Angela «Nicla» Devenuto, interrogata anche lei sabato in carcere prima di essere mandata ai domiciliari, in lacrime smentisce il vaticinio del marito. «Non lo lascerò mai», avrebbe detto, perché nonostante tradimenti e guai «è il padre delle mie figlie», e perché ha paura che Gianpi possa farla finita. Una paura che la accompagna dall’alba della tempesta giudiziaria del marito, e che la spinge a «blindare le finestre» ogni volta che esce di casa, atterrita all’idea che suo marito possa buttarsi di sotto. La signora Tarantini nega estorsioni e ricatti, mette nero su bianco di essere stata presa in giro da Lavitola, che raccontava che a Berlusconi di loro, dei Tarantini, non importava più nulla, e che il Cav non avrebbe mai voluto incontrare Gianpaolo. Una versione che per la coppia è stata una mazzata, spiega la donna, che ricorda come Gianpi si sia rovinato per Berlusconi perché, per farsi bello, si è comportato da «deficiente», rovinando la famiglia, distruggendo le sue imprese e mandando sul lastrico il fratello, Claudio. Con Berlusconi, del quale ricorda la «carica umana impressionante», la donna si è incontrata tre volte, due insieme al marito e a Lavitola.
Nell’ultima occasione, ricorda, un Gianpi divenuto sospettoso di Lavitola aveva organizzato da sé il rendez-vous, ma l’editore dell’Avanti dopo averlo saputo si era presentato comunque. E ai pm che gli chiedono come mai non avessero espresso al premier i loro dubbi su Valter, Nicla replica che Berlusconi lo aveva indicato come persona di sua fiducia, e che sarebbe stato difficile dire, peraltro davanti al diretto interessato, che non si fidavano più di quel tramite.
Nel lungo verbale, Angela-Nicla racconta due anni vissuti quasi da clandestini, dice di aver ripreso a fare l’avvocato per portare a casa duemila euro al mese, e di aver lavorato per un imprenditore finito in cella per evasione. «Sono sfigata», conclude, negando però l’estorsione. Ammette di aver preso del denaro come «aiuto» dal premier, tramite Lavitola. Dice di non aver mai messo piede a Palazzo Chigi, ma «sempre in via Del Corso», l’ufficio dell’editore dell’Avanti. Con il quale riconosce di aver avuto una relazione nell’ultimo anno. Un momento di debolezza con una persona più grande di lei che «sembrava l’unica disposta ad aiutarci», si giustifica la donna, che rifiuta la definizione di «amante» data dal gip nell’ordinanza: «L’amore è un’altra cosa, ero arrabbiata».
Tornando ai soldi, Nicla spiega di averli ricevuti in contanti in una busta. I pm le chiedono come era fatta, per confrontarla col racconto della segretaria di Berlusconi, Marinella Brambilla, interrogata venerdì sulle «dazioni» a Lavitola, e le descrizioni non corrisponderebbero, lasciando supporre che Lavitola cambiasse busta per le somme destinate ai Tarantini. Nella deposizione della Devenuto c’è amarezza per l’«inganno» di Lavitola, descritto in modo non lusinghiero per averle detto cose che, leggendo le intercettazioni, ha capito essere false, come le inesistenti «ambasciate» per favorire un incontro tra il marito e Berlusconi. Ma c’è soprattutto ansia per le due figlie.
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