da Bruxelles
Lei sostiene di essere stata discriminata per il suo orientamento sessuale, i rappresentanti del suo Paese, la Francia, ritengono invece di aver agito nell'interesse «supremo» del bambino.
Il caso, dibattuto ieri davanti ai giudici europei di Strasburgo, è quello di una insegnante francese, che vive da 15 anni con un'altra donna e si è rivolta alla Corte europea dei diritti dell'uomo dopo che i servizi sociali del dipartimento del Giura, dove risiede, le hanno negato il consenso all'adozione.
La storia è cominciata nel 1998 quando l'insegnante ha avviato la pratica per ladozione, non nascondendo tuttavia la sua omosessualità e il fatto che viveva già da diversi anni con un'altra donna, una psicologa. Di fronte al parere negativo dell'autorità preposta che aveva motivato la decisione per la mancanza «dell'immagine paterna di riferimento» e per «l'ambigua situazione della compagna», è cominciata una lunga battaglia legale davanti ai tribunali nazionali fino alla Consiglio di Stato che nel giugno 2002 ha respinto il ricorso della donna.
Ora spetterà ai giudici di Strasburgo, ai quali l'insegnante si è rivolta nel dicembre 2002, stabilire se la donna, come ha lamentato nel suo ricorso, è vittima della violazione dell'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata) e all'articolo 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione dei diritti delluomo.
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