Riccardo Signori
Troppo facile godersela con i quattro dellAve Maria, si chiamino Adriano, Kakà, Robinho e Ronaldo, oppure si inserisca la variante Ronaldinho, che non è proprio una variante. Troppo bello godersi lo show che il «quadrato magico», come li hanno ribattezzati in Brasile, ha concesso contro il Cile in attesa di miracol mostrare ai mondiali di Germania. Il miracolo sarebbe quello della sesta coppa del mondo che in Brasile, da quelle parti nel calcio sono come i francesi nel resto, vedono già nella bacheca della federazione. Chi altro, si domandano, può essere grande quanto noi che in questi anni abbiamo vinto tutto quanto potevamo, che abbiamo 18 giocatori inseriti in grandi club, siamo sempre primi nel ranking della Fifa e abbiano quei cinque, anche se in campo diventano quattro. Per esempio, per lamichevole di Siviglia è stato esentato Ronaldo, in questo momento (e forse per sempre) il più molle della compagnia, che ha detto: «Ho la bua, una contrattura». E Parreira, il ct, non se lè fatto ripetere: torna a casa, richiamo Ronaldinho che era squalificato.
Ecco, così, cinque gol e un fuoco dartificio di titoli (sui giornali), il Brasile ha celebrato la qualificazione che ha definitivamente incoronato Adriano imperatore per tutto il mondo della torcida. Un centravanti grande e grosso non è mai stato il prototipo del brasiliano che fa sognare gente dal palato fine. Ma Adriano, con la tripletta al Cile, ha messo lultimo sigillo ad un amore e ad una credibilità conquistata con le unghie e con i gol. Dunque Brasile al mondiale a braccetto con lArgentina: ovvero Ronaldinho con Messi, Adriano con i suoi amici dellInter e compagnia cantante. Ma in Argentina ormai sono troppo avvezzi al buttare occasioni allaria e ci vedono troppo bene per non temere di ritrovare la Seleçao con la coppa fra le mani. «Olè», quotidiano di quelle parti, ha scritto: «Questa squadra somiglia al mitico Brasile 1970». Il «Clarin» da Buenos Aires ha ribadito: «Quando vogliono giocare la palla sono imbattibili».
Ballo di gala del Brasile hanno titolato in tanti. Ma nel balletto degli altri si è inserita la tripletta di Marcelo Zalayeta, che ha steso la Colombia (3-2) ed ha regalato una speranza allUruguay. Il calcio made in Italy, inteso come giocatori che lavorano da noi, si è fatto onore: doppietta di Oba Oba Martins con la Nigeria contro lAlgeria (5-2) ed ora i nigeriani hanno agganciato i rivali in testa alla clasifica del girone. Pareva che Oba avesse segnato tre gol, ma linteressato ha corretto: «Due sicuri per la Nigeria, il terzo lho in serbo per lInter». Due reti di Mutu per la Romania, che forse non serviranno alla qualificazione. La solita zampata di Ibrahimovic per la Svezia. Ed appunto la tripletta del Marcelo, calimero, che ha sconfitto tutte le cabale: quella del cognone (Yeta in spagnolo sta per jella) e quella del numero di maglia: il 17. «Luomo duro a morire, con i suoi tre gol ha resuscitato le speranze. Il cuore uruguaiano si era fermato e Zalayeta gli ha restituito la vita». Naturalmente cera anche Recoba, recuperato alla causa dopo i suoi alti e bassi. «Ha riconquistato la gente», ha scritto El Pais, senza sprecarsi oltre, conoscendo il tipo.
Ma dal cilindro di questo week end mondiale che ha cominciato a regalare faccia, fisionomia e nazioni al mondiale, non ne esce solo la prima volta dellUcraina, il ritorno degli Stati Uniti o lassemblamento del girone asiatico. Dal cappello del mago ecco spuntare la prima volta del Ghana, che ha fatto piangere Stephen Appiah e strappato quella maledizione che aveva sempre tenuto lontano il Brasile dAfrica dal mondiale.
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