Adriano hombre solitario Felicità è giocar da solo «In coppia diventa triste»

Prandelli lo ricorda a Parma. Gilardino conferma. Mancini ci sta pensando

Riccardo Signori

La solitudine dell’ala destra? Solo un romanzo. C’è chi, in quella solitudine, ci ha sguazzato e ci sguazzerebbe per tutta una storia calcistica. Storia di Adriano, inteso come Leite Ribeiro, hombre solitario quando può. Forse il futuro dell’Inter si giocherà sulla sua capacità a coesistere con un altro attaccante o, forse, sul suo piacere nel giocare da solo. Da quando Mancini ha fatto raccolta di centrocampisti d’attacco, il pensiero si è infilato nei pensieri notturni e diurni del tecnico. Perchè non provare una punta sola, ovviamente Adriano, e un bel nugolo di gente dai piedi buoni intorno? Una soluzione per far coesistere Pizarro e Veron, per sfruttare Figo, per non mettere nell’angolo Stankovic, dando per scontato il posto fisso di Cambiasso (il cui contraltare è Cristiano Zanetti). In campo Adriano ha sempre cercato libertà a 360 gradi. Meglio solo, che male accompagnato.
Tutti ricorderanno gli inizi dell’anno passato, quando l’allenatore propose la coesistenza con Bobo Vieri: nei primi tempi il brasiliano sembrava un cagnolino al guinzaglio, girava al largo, mandava la potenza a giri bassi, salvo scatenarsi nella ripresa quando scattava qualcosa nella testa, scompariva quel senso di fastidio prodotto da chiunque vada ad occupare spazi che, nella sua visione calcistica, sono sconfinate praterie dove scorrazzare per cercare palloni e gol. Più che il gioco di squadra. Non è un vezzo, piuttosto un vizio, un’abitudine, una forma mentale che si può tradurre in formula calcistica. Lo ha raccontato anche Cesare Prandelli, il tecnico più bravo a svezzarne le doti da quando Adriano è approdato in Italia. Ai tempi del Parma (campionato 2002-2003) gli ha messo accanto Mutu, poi ha sacrificato Gilardino (Gilardino, non un Cruz o un Martins) pur di lasciarlo nella sua beata solitudine. «Perchè Adriano è un tipo così. Quando gli metti qualcuno al fianco, che vada ad intasare i suoi spazi, si intristisce. L’umore cambia. Perde la felicità del giocare. Invece nella solitudine ritrova tutta la carica, si sente più libero perchè vede più spazi». Mutu, che aveva capito il tipo, è stato il miglior socio d’attacco: con Adriano formò la coppia più bella del gol. «Io suonavo il violino, lui la grancassa», ha ricordato il romeno, spaventato sopratutto dalla potenza dei tiri del brasiliano. «Spero sempre di non trovarmi sulla traiettoria di un pallone partito dal suo piede».
Di recente, anche Gilardino ha confermato. «Quando era da solo, Adriano rendeva di più. Quando sente vicino un compagno, è un altro. Fa fatica, non gioca il suo calcio felice».
Ma il pallone impone gioco di squadra e soprattutto convivenze non sempre facili. Ed ora se Mancini sta pensando alla formula «Adriano contro tutti», non altrettanto capita con il Brasile dove Parreira ha tale abbondanza da costringere il bomberone alla convivenza con Ronaldinho, Robinho, Ronaldo e Kakà. Gente niente male. E Adriano fa buon viso a una sorte non proprio cattiva. Come spiega Arrigo Sacchi, che ben conosce il ragazzone e, al momento giusto, lo ha riconsegnato pronto e finito a Moratti. «Dai tempi del Parma Adriano è cambiato. Fa perfino gli assist. Allora preferiva non avere vicino nessuno. Giocando nel Brasile ha dovuto accettare la convivenza con altri campioni e i risultati sono straordinari. È ulteriormente cresciuto».
Sacchi è un amante del pallone e della sua bellezza allo stato puro. A Parma ha lavorato ai fianchi il brasiliano per convincerlo che, al calcio, si gioca con un pallone solo ed una squadra intorno. I risultati sono niente male. «Giocare con un compagno al fianco gli costava fatica, era un problema di attitudine. Oggi Adriano è più acculturato e sopporta meglio le situazioni. È un fenomeno, però ha bisogno di sentire intorno affetto e considerazione. Ed è uno dei giocatori più decisivi al mondo. A Parma ci ha fatto divertire e ci ha permesso di sopravvivere». A Milano potrebbe diventare decisivo per vincere, seguendo e inseguendo le sue contraddizioni.

Tanto gli piace essere hombre solitario sul campo, quanto gli è necessario trovarsi circondato da gente che lo coccoli al di fuori. Ora tocca all’Inter: Adriano solo o in compagnia? La soluzione esatta vale un tesoro. E forse uno scudetto.

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