Aeropittura, l'impresa di cambiare prospettiva

Dalla "Primavera umbra" di Gerardo Dottori al metafisico Fillia e alle vertiginose opere di Crali

Aeropittura, l'impresa di cambiare prospettiva

Chi è stato al Mart di Rovereto in questi anni ha visto il capolavoro dell'aeropittura Incuneandosi nell'abitato di Tullio Crali. E sarà ancora davanti ad esso che dovrà fermarsi venendo a vedere la mostra «Dall'alto», al Labirinto della Masone. Si tratta di una esperienza senza precedenti, vertiginosa, coinvolgente, ardita che, come nessun'altra, ha i caratteri della modernità.

Lo dice chiaramente il Manifesto del 1929: «Le prospettive mutevoli del volo costituiscono una realtà assolutamente nuova e che nulla ha di comune con la realtà tradizionalmente costituita dalle prospettive terrestri. Gli elementi di questa nuova realtà non hanno nessun punto fermo e sono costruiti dalla stessa mobilità perenne. L'aeroplano, che plana, si tuffa, s'impenna ecc., crea un ideale osservatorio ipersensibile appeso dovunque nell'infinito, dinamizzato inoltre dalla coscienza stessa del moto che muta il valore e il ritmo dei minuti e dei secondi di visione-sensazione. Il tempo e lo spazio vengono polverizzati dalla fulminea constatazione che la terra corre velocissima sotto l'aeroplano immobile. Con qualsiasi traiettoria, metodo o condizione di volo, i frammenti panoramici sono ognuno la continuazione dell'altro, legati tutti da un misterioso e fatale bisogno di sovrapporre le loro forme e i loro colori, pur conservando fra loro una perfetta armonia».

L'inizio di questa esperienza estetica coincide con il momento di massima esaltazione del Fascismo grazie alle imprese aviatorie di Italo Balbo. Ed è proprio la prima trasvolata atlantica del 1930 che ha certamente acceso l'entusiasmo e trasmesso il brivido di una esperienza nuova. Quella emozione travolgente si traduce in immagine attraverso la visione di alcuni artisti che agitano e rovesciano dalla terra al cielo quello spazio figurativo che Pierre Francastel aveva classificato, per progredienti evoluzioni, nella parabola «dal Rinascimento al cubismo». Ma erano, appunto, visioni terrestri. A partire dal 1930 si fanno celesti. Cambia il punto di vista, cambia l'orizzonte. La veduta è dall'alto. Si va oltre il Cubismo e oltre il Futurismo. Nel Medioevo, in una prospettiva non umana ma divina, si era manifestata la veduta a cavaliere, sopra il paesaggio, in una distanza siderale. Ma mai il sopra si era fatto sotto e viceversa. L'uomo ha raggiunto e dominato il cielo. Questo spiega anche la fortuna, fino alle vertigini spirituali del Piccolo principe, di Antoine de Saint-Exupéry. Il cielo è conquistato.

Volo di notte, al passo con i tempi, è del 1931; e i primi aerodipinti sono, più o meno, dello stesso tempo. La sapiente ricostruzione di Massimo Duranti attribuisce particolare rilievo, e il primato, a Mino Somenzi, figura lungamente marginale nell'Olimpo degli aeropittori: «Marinetti scrive nella premessa del manifesto del 1931: La convivenza in carlinga col pittore Dottori, intento a prendere appunti dall'alto, ha suscitato in un altro artista, Mino Somenzi, la concezione precisa dell'Aeropittura, ma non cita il testo somenziano. Dunque, il capo del movimento ammette che si deve a lui l'idea puntuale dell'Aeropittura e, allo stesso tempo, vuol far sapere che il futurista perugino prendeva appunti dall'alto mentre Somenzi guidava l'aeroplano. Il futurista umbro, in realtà, aveva già ampiamente sperimentato il valore innovatore della visione dall'alto (...) privilegiando punti di osservazione elevati sul paesaggio umbro già dai primi anni Venti (...). E però le visioni degli anni Venti erano statiche e la restituzione pittorica si poteva solo limitare alla lettura dilatata, a fish eye. Arriviamo così al 1923 quando Dottori dipinse Primavera umbra che fu ammessa, a concorso, alla Biennale di Venezia. Marinetti non era ancora riuscito a far partecipare ufficialmente i futuristi alla manifestazione, quindi il quadro di Dottori risulta il primo quadro futurista presente a Venezia. Dottori scrive nella sua autobiografia del 1969 che quel dipinto, un grande paesaggio dilatato che abbraccia una grande estensione territoriale, rappresentava una concezione che voleva dare la sintesi della visione totalitaria del paesaggio umbro veduto dall'alto di una montagna, per immettere nel quadro più spazio possibile e superare così il tradizionale orizzonte limitato da una linea orizzontale. Ammetteva, subito dopo, di aver avuto certo l'idea di un paesaggio sconfinato, ma pur sempre statico, e rivelava che proprio Somenzi, guardando quel quadro, da pilota di aeroplani, intuì di ritrarre il paesaggio dall'alto, in velocità, inventando un mondo da vedere dall'aereo in volo».

Così Duranti ricostruisce la storia dell'Aeropittura che aveva trovato nelle intuizioni spaziali di Giacomo Balla il suo spirito germinatore, con la conclusione della attiva ricerca sperimentale proprio nel 1929, quando nasce la nuova esperienza. Lo spazio di Balla era stato comunque uno spazio interiore, per così dire psicologico, mentre quello di Dottori, e poi di Delle Site, di Bruschetti, Andreoni, Benedetta Cappa Marinetti, Tato, Korompay, Bot, D'Anna, Corona, Angelucci Cominazzini, e naturalmente Crali, è uno spazio fisico, con una inedita vastità di orizzonte, e la vertigine del punto di vista in movimento, realizzando il motivo dominante della estetica dinamica del Futurismo rispetto al Cubismo. Nulla è statico, tutto si muove nella Aeropittura. Lo capiamo bene davanti a Sorvolando in spirale il Colosseo di Tato, inedita veduta della Roma imperiale, o Acrobazia fra le nuvole di Bruschetti, o il doppio gioco, da aereo ad aereo, della carlinga ed eliche di Korompay, fino alla luminosa e aerea stanza paese di Dottori per l'Idroscalo di Ostia. Sono immagini nuove e senza precedenti, frutto di incontenibile euforia, esaltazione della purezza del volo dopo le imprese di Balbo. Una estetica del volo.

Ma è notevole che essa si trasformi in un ritorno alla astrazione, come ripiegamento interiore, nella esperienza di Enrico Prampolini, seguito da Roberto Iras Baldassari e Nicola Diulgheroff. Il campo vasto della veduta si dissolve in una idea di spazio cosmico, che va oltre il rapporto terra/cielo garantito dalla distanza e dalla velocità, per deflagrare in una galassia o in una nebulosa di corpi indistinti. L'Aeropittura si amplifica in una dimensione astratta dentro cui si affacciano forme indeterminate, come in Marinaio nello spazio o in Paesaggio femminile. Alla assoluta astrazione arriva Roberto Iras Baldessari in Organicità spaziale, in voli sempre più lontani. In cieli irraggiungibili, fra vapori azzurri, si innalza l'ultimo aereo di Fillia, in Mistero aereo.

Ai confini tra figurazione e astrazione si pone la vicenda della aeropittura nella sua complessità, cuore e ragione di quel momento delle avanguardie, ancora non compiutamente riconosciuto, che Enrico Crispolti chiamò «secondo Futurismo».

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