In affari con San Benedetto Le regole religiose in azienda

La saggezza antica per le imprese moderne: l’organizzazione dei monasteri è la formula perfetta per gestire le risorse umane

da Milano

Il capo entra in ufficio e guarda i suoi uomini. E ciò che vede non gli piace: caos, egoismo, invidia, superbia. C’è quello che s’imbosca e quello che fa il furbo. Ci sono amori nati male e ruggini che non vanno più via. C’è l’anziano di turno che detesta l’ultimo arrivato. C’è la donna che lusinga e quella che si nasconde. Ci sono anime diverse, ognuna con i propri sogni sfumati, i problemi di casa, la mente stanca, il corpo che invecchia. Sono pezzi di un mondo che non s’incastra, ognuno perso dentro i fatti suoi. Tutti i capi hanno cercato l’equazione magica, quasi tutti si sono arresi. È per questo, forse, che alcuni hanno deciso di voltarsi indietro e di cercare nel passato la soluzione. Ed è lì, intorno all’anno Mille, che hanno incontrato la Regola. Le parole che San Benedetto da Norcia, nell’abbazia di Montecassino, ha dettato ai suoi monaci. Quella che si può riassumere nell’ora et labora, ma che nasconde il segreto su come far funzionare una comunità di uomini. Massimo Folder su questa storia ha scritto L’organizzazione perfetta: la regola di San Benedetto (Guerini e associati). San Benedetto da Norcia tiene a bada le ambizioni: «Se alcuno si leva in superbia vanga corretto uno, due, tre volte. Se non si vorrà emendare sia tolto dall’ufficio e sostituito da un altro che ne sia degno». San Benedetto e la scelta del vice: «Avviene spesso nei monasteri che l’ordinazione dei priori dia origine a gravi scandali, poiché taluni gonfi di uno spirito maligno d’orgoglio, credendosi secondi abati, fomentano gli scandali e provocano scissioni nella comunità».

San Benedetto e la gestione dell’azienda: «L’abate usi prudenza nel correggere, perché il troppo guasta e mentre vuole levare la ruggine non rompa il vaso: consideri sempre con diffidenza che anch'egli è fragile e ricordi che la canna incrinata non si deve rompere. Con questo non diciamo che lasci crescere i vizi, anzi li recida con prudenza e carità, nel modo che vedrà più utile per ciascuno e si sforzi di essere più amato che temuto».

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