Fausto Biloslavo
«Erano diecimila i soldati della Nato che ho comandato in Afghanistan, ma per ragioni comprensibili gli italiani li sentivo più vicini al cuore. Uno dei caduti, il tenente Manuel Fiorito, lo conoscevo: era stato mio allievo», racconta con un velo di tristezza nella voce il generale Mauro Del Vecchio. Per nove mesi è stato il comandante della Nato in Afghanistan e ha passato le consegne al successore inglese giovedì a Kabul. Appena rientrato in Italia spiega in questintervista a il Giornale pericoli e speranze del disgraziato Paese al crocevia dellAsia, dove gli italiani sono in prima linea.
Che cosa è accaduto secondo lei alla nostra pattuglia?
«Due mezzi blindati leggeri Puma si muovevano per un pattugliamento di routine nella zona a sud est di Kabul e sono incappati in un ordigno. Potrebbe essersi trattato di una mina anticarro, ma va ancora verificato».
La pattuglia si trovava sulla strada per Chara Siab, il vecchio quartier generale di Gulbuddin Hekmatyar, il signore della guerra afghano alleato dei talebani e di Al Qaida. Inoltre lo stesso Hekmatyar ha diffuso un video, pochi giorni fa, in cui inneggia alla guerra santa e a Osama bin laden. Cè qualche collegamento con lattentato?
«Non si possono attribuire responsabilità solo per la dislocazione geografica dellordigno. Per quanto riguarda il video è unoperazione di propaganda e di influenza psicologica rivolta anche agli occidentali. Stiamo parlando di forze che si oppongono al processo di democratizzazione dellAfghansian, che ha fatto passi in avanti con linsediamento del parlamento e il ruolo nella ricostruzione dei Prt (i Provincial reconstruction team della Nato, che cercano di rimettere in piedi le infrastrutture, nda)».
Gli italiani sono nel mirino anche in Afghanistan?
«Escluderei che cercavano di colpire proprio noi. Non è il primo evento tragico degli ultimi mesi. Sotto il mio comando sono stati attaccati una pattuglia di portoghesi, con una vittima, gli svedesi a Mazar i Sharif con due caduti, i tedeschi a Kabul e un kamikaze in motocicletta ha ucciso una dozzina di soldati afghani proprio nella capitale».
DallIrak allAfghanistan il fronte è comune?
«Credo di poter escludere che lattentato di Nassirya di una settimana fa sia collegato con lattacco a Kabul. Lunico collegamento è che in Afghanistan hanno preso in prestito dei sistemi offensivi già sperimentati, in maniera ancora più accentuata in Irak».
Si riferisce allincremento degli attacchi suicidi?
«Sì, ma bisogna tener conto che laumento è coinciso con il successo delle elezioni parlamentari e del processo di democratizzazione. Inoltre un altro fattore scatenante è lespansione della Nato, con 7mila uomini, nella zona sud del Paese più precaria dal punto di vista della sicurezza. Lespansione significherà maggiore stabilità e i nemici della democratizzazione non la vogliono».
È vero che sono migliorate le trappole esplosive, come quella che ha ucciso ieri i due soldati italiani?
«Talvolta sono rudimentali, ma in altri casi abbiamo notato una maggiore sofisticazione. La disponibilità di materiale esplosivo è elevatissma. Spesso le trappole vengono realizzate con proiettili dartiglieria o di mortaio e poi nascoste o mimetizzate sul ciglio della strada».
Lei conosceva uno dei caduti?
«Sì, il tenente Manuel Fiorito, del 2° reggimento alpini. Era stato mio allievo alla scuola di applicazione a Torino concludendo il corso nel 2003. Si trattava di ragazzi arrivati da poco che ero andato a salutare a Camp Invicta (la base del contingente Italfor a Kabul, nda) cinque giorni fa, prima di lasciare lAfghanistan. Fra i reparti schierati cera sicuramente Fiorito».
Il 13 maggio il comune di Milano vi aveva invitato a sfilare in piazza Duomo.
«Volevamo rimarcare lunione con Milano e la Lombardia del Comando di corpo darmata di Solbiate Olona rientrato in Italia dopo nove mesi in Afghanistan. Lamministrazione comunale e il sindaco Albertini avevano dato un avallo importante. Adesso dovremo valutare la situazione. Con questo tragico evento non è il caso di festeggiare».
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