da Milano
Il titolo, Una questione di cuore, va preso alla lettera. Niente metafore dellamore: il cuore in questione è proprio lorgano pulsante che manda in circolo il sangue. Nel 2005 il padovano Umberto Contarello, oggi cinquantenne e da poco padre, pubblicò per Feltrinelli un romanzo toccante e impietoso, scritto senza fronzoli, in buona misura autobiografico, nel quale raccontava la «redenzione» di uno sceneggiatore dalla vita sentimentale caotica, a un punto morto della carriera, alle prese con un infarto che gli addenta il torace come «il morso di una carpa sdentata». Insomma, se stesso. Nato come copione, il manoscritto prese subito la via letteraria, complici le insistenze di Enzo Monteleone, altro padovano doc sceso a Roma per far cinema. Ma lidea di farne un film continuò a girare. Infatti a giugno Francesca Archibugi, sin dallinizio appassionatasi alla storia, batterà il primo ciak di Una questione di cuore. Protagonisti Antonio Albanese e Kim Rossi Stuart.
Scampato allinfarto del miocardio anteriore, rimessosi al lavoro di buona lena (La stella che verrà, Lascia perdere Johnny, un futuro progetto con Sorrentino), Contarello ha ripreso a fumare, bere gin-tonic e svicolare in Vespa. Luomo è fatto così: esuberante e vitalista. Per anni, ricorda lamico Paolo Virzì, «ha condotto una meravigliosa esistenza daltri tempi, un po alla Luciano Vincenzoni, salvo poi, con quel libro sorprendente, interrogarsi sui temi della vita e della morte, dellamore familiare». Linteressato sa di essere un «soggetto a rischio», causa «una moderata sclerosi parietale con ridotta riserva coronarica». Ma sa anche che, con le opportune modifiche, la storia della sua malattia, tra case troppo grandi e letti dospedale, stent ed ecodoppler, convivenze senza sesso e compresse di Atenol, assumerà un piccolo carattere universale. Perché il cuore della storia, un po come succedeva in Uno su due con Fabio Volo, sta nello strano, complice, ambiguo rapporto che si stabilisce tra il disincantato Alberto, alter-ego di Contarello, e lo schietto Franco, carrozziere romanissimo, con moglie incinta del terzo figlio e fuori strada, pure lui colpito da infarto.
Mondi destinati a non incontrarsi, se non fosse che i due compagni di sventura, una volta usciti dallospedale, coi suoi ritmi rassicuranti e il monitoraggio costante, nel riaffacciarsi alla vita «normale» scelgono di superare insieme la paura, diventano amici. Al punto che Alberto, incapace di rimettersi al computer, in crisi con la fidanzata, si trasferisce nella casetta fuori Roma del meccanico, ritrovando dentro di sé una leggerezza, anche una voglia di sensualità, con esiti imprevedibili.
Antonio Albanese, spedito in vacanza il politico calabrese Cetto La Qualunque, conferma il progetto. «Sarò a Roma per i David di Donatello (è candidato per Giorni e nuvole) e in quelloccasione metteremo a punto gli ultimi dettagli. La storia è bella, la sceneggiatura di Francesca anche. Vedremo come farlo, questo film, ci tengo molto». Ci sono ancora due attrici principali da scegliere. Albanese ha 44 anni, poco meno di Contarello allepoca del coccolone. «Sì, ma io sono lopposto di Umberto. Non bevo, non fumo, faccio una vita regolata. Poi, certo, tutti abbiamo amici che sono stati male. Così arrivano pensieri scemi, che ti allarmano e fanno fare i controlli». I due si conoscono da tre lustri, insieme hanno fatto La lingua del Santo di Mazzacurati, altro padovano. «Umberto è unico, una forza della natura. Non riesci a comunicare, parla solo lui, ma nel suo libro cè un senso di quieta riconquista di sé, uno scavare nellirresolutezza umana che mi piace molto», racconta Albanese. Che condivide lo sguardo di Contarello su questa Roma caciarona e dolente, dove i debiti si chiamano «buffi» e le vetrine di via Cola di Rienzo non sai mai bene cosa vendano.
«Mi fido di Francesca Archibugi. Non ho neanche voluto leggere la sceneggiatura. Un po per godermi la sorpresa da spettatore, un po per lasciarla libera di intervenire come vuole.
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