Albania, manifestanti sotto processo

Sotto processo a Tirana 70 dei 113 dimostranti arrestati dopo gli scontri dei giorni scorsi. La protesta dell'opposizione

C'era la confusione tipica dei tribunali nei giorni di piena attività, un via vai di avvocati, agenti di polizia, parenti degli imputati, oggi nel Tribunale civile di Tirana, dove sono cominciati i processi per 70 dei 113 arrestati dopo gli scontri del 21 gennaio a Tirana.
Ma questa volta, nelle anticamere piene di fumo e nelle aule giudiziarie, c'erano anche deputati dell'opposizione socialista che hanno organizzato la loro difesa legale, anche se «non tutti sono nostri simpatizzanti». Vasilika Hysi, parlamentare e docente di legge all'Università di Tirana, si dà da fare nel cercare di aiutare le famiglie ad avere notizie dei figli arrestati di cui «non hanno saputo più niente da venerdì».
Gli arrestati «sono stati maltrattati e malmenati», ha denunciato stamani, parlando con l'ANSA, anche il leader socialista Edi Rama. Dal carcere non c'è «nessun contatto con il mondo esterno - ha aggiunto - è allucinante». «Ai membri del Parlamento, che normalmente possono entrare in carcere senza autorizzazione, è stato impedito di fare visita alle persone arrestate», ha sottolineato Hysi.
Fuori dalle aule, decine di genitori. «Mio figlio è stato portato via venerdì alle 5 del pomeriggio. Solo a mezzanotte ho saputo che era stato portato al commissariato 3, ma ancora non so di cosa sia accusato», ha detto il padre di Erion, 31 anni, disoccupato. Un altro padre ha lo sguardo segnato dalla preoccupazione, i suoi figli gemelli sono minorenni, hanno 17 anni: «Sono stati arrestati la sera, per strada a Elbasan (45 km da Tirana) dove abitiamo, molto lontano dai luoghi delle proteste. Quel giorno erano andati a trovare lo zio a Tirana, non so nemmeno se siano andati sul 'Bulevardì (bulevardi Deshmoret e Kombit, la via centrale della città dove si trova la sede del governo, ndr)», ha raccontato. In mano ha un documento che «dimostra che vanno a scuola».
In aula sfilano intanto decine di persone, molti giovani e studenti, ammanettati e provati, ma senza alcun segno evidente di violenza. Per loro l'accusa è di «partecipazione a una manifestazione illegale», mentre chi è accusato di atti violenti viene giudicato al Tribunale penale. Il procuratore ha chiesto 20 giorni di carcere per Ardit Bllashmi, studente di legge, che parlando al giudice si è difeso: «Sono accuse false.
Sono stato arrestato per strada vicino a casa, non ci sono prove che io fossi alla manifestazione».
Per un altro ragazzo, Taulant Mena, studente in medicina di 20 anni, jeans e maglione, invece l'accusa ha chiesto la scarcerazione riconoscendo che «non ci sono prove» che fosse lì, nè che avesse in mano delle pietre, nè che abbia bruciato delle auto.

Alla fine dell'udienza, brevissima in questo caso, Vasilika Hysi gli si è avvicinata. «Ero in cella con quattro criminali, non ho mai dormito», le ha detto il ragazzo a voce bassa, prima che riscattassero le manette e lo portassero via.

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