Albertazzi firma «L’isola delle parole»

Miriam D’Ambrosio

Una ipotesi di contaminazione tra le arti, visive e sceniche, la voglia di mettere insieme competenze e professionalità diverse, «per salvare la parola, deformata o gioiosa, per salvare il Caos che genera senso, unendo attori a filosofi, danzatori a musicisti, suoni a installazioni luminose».
Andrée Ruth Shammah introduce così L'isola delle parole, uno spettacolo sperimentale ideato da lei e Monica Maimone, prodotto dal Teatro Franco Parenti, in scena al Palazzo della Ragione di Piazza dei Mercanti (alle 20.30 e alle 22.30).
Uno spettacolo che vede la partecipazione di Giorgio Albertazzi insieme a Salvatore Natoli, Matteo Bianchi e Tiziano Scarpa (con interventi degli attori Filippo Timi e Fabrizio Parenti e il canto di Lucia Minetti). Lo spazio scenico in cui si muoveranno le danzatrici su coreografie di Susanna Beltrami, è pensato da Marco Nereo Rotelli con le sue installazioni di luce.
«Ciascuno porta il suo contributo, la sua esperienza - aggiunge Shammah - Albertazzi arriva e mischia la sua arte a quella di Timi, si crea e si procede lasciando finali aperti, diversi», in cui si fondono le parole poetiche e filosofiche, sorrette dalla danza, dalla musica, dalla luce.
L'isola delle parole è uno dei percorsi del Progetto Blu - Pensieri Visivi, organizzato da Pirelli Re e Teatro Franco Parenti all'interno della manifestazione Milanoècontemporanea, maggio 2006.
Altro passo del Progetto è Kouros di Ludovica Ripa di Meana, sempre al Palazzo della Ragione dal 22 al 25 maggio, per la regia di Giuseppe Marini.
Kouros, in greco fanciullo, è il protagonista di questo dramma in endecasillabi, forma di scrittura congeniale a Ripa di Meana che dice candida: «Io scrivo così. Ho fatto solo fino alla quinta ginnasio, ma mi viene naturale l'endecasillabo. Ho scritto in questo modo anche tre romanzi che io chiamo “clandestini” perché li leggono in pochi. Le storie mi hanno sempre attratto, mi piace raccontare. Tra i bambini che chiedono “Perché?” e quelli che dicono “E allora?”, io da piccola ero sicuramente nel secondo gruppo».
Senso della continuità, della narrazione, scegliendo l'endecasillabo come ritmo interiore, flusso naturale, scrittura emozionale.
«Scrivere in versi è come la stenografia della tragicità del quotidiano - continua Ludovica - in questo testo il mio kouros è un ragazzo di Milano che parte per gli Stati Uniti, va in College, e qui scopre la propria omosessualità che rifiuta perché sa che sarà rifiutata da chi lo circonda».
Presente è il coro, come ogni tragedia.
Pensieri visivi, parole che diventano carne, sudore, movimento coreografico, contatto.


L'appuntamento finale per Progetto Blu, colore della profondità e del respiro, è con il regista Peter Greenaway e il suo particolare linguaggio fatto di nuove tecnologie multimediali.
Data unica, martedì 23 maggio alle 21 all'Hangar Bicocca di Viale Sarca, con The Tulse Luper VJ Performance, attraversa il ventesimo secolo.

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