Albertini la butta lì come una battuta: «Se la Provincia volesse comprare adesso le azioni del Comune a dieci euro, gliele venderemmo subito». Ma il presidente di Palazzo Isimbardi non perde loccasione per rispondere stizzito anche a una provocazione, e replica secco che «si tratta di unulteriore giravolta del sindaco: si arrampica sui vetri perché è evidente a tutti che è sua la responsabilità di aver creato un danno al Comune, non avendo accettato offerte notevolmente superiori a quanto la Provincia ha pagato a Gavio». Offerte «che oggi, improvvisamente, ritiene accoglibili». In realtà il sindaco sa bene che oggi la Provincia non avrebbe alcun interesse economico a pagare la bellezza di dieci euro per le partecipazioni del Comune nella società autostradale. E lastio dimostrato da Penati sembra confermare quanto poche ore prima a Palazzo Mezzanotte Albertini aveva sostenuto, tornando a parlare dellaffaire Serravalle.
Il sindaco infatti ieri è tornato a ripetere come il presidente di Palazzo Isimbardi «abbia voluto inventare sia su Serravalle che sulla vicenda dellingresso della Provincia nel cda della Scala, rimandato a quando avrà pagato la quota prevista dallo statuto, che si sia trattato di una mia ripicca». Su Serravalle, Penati contesta ad Albertini di aver tenuto nascosta lofferta ricevuta lo scorso giugno dallimprenditore Marcellino Gavio, pronto ad acquistare le quote del Comune nella società autostradale. Secondo il presidente, che lestate scorsa ha fatto ottenere alla Provincia la maggioranza in Serravalle acquistando azioni proprio da Gavio, e pagandole quasi nove euro ciascuna, «Albertini non ha mai rivelato unofferta di dieci euro ad azione che gli avrebbe fatto incassare 334 milioni» e «ha sbagliato a rifiutare lofferta della Provincia, che a luglio offrì al Comune 270 milioni per le sue partecipazioni». Ma Albertini è stanco di ripetere, come ha dovuto fare anche ieri, che «intanto, lofferta di Gavio non era di dieci euro ad azione, ma otto», che «non cera nulla di scritto, per cui non si può prendere come unofferta il fatto che uno venga a Palazzo Marino e dica che sarebbe disposto a comprare le azioni, se poi al momento in cui gli si chiede di metterlo nero su bianco si tira indietro. E comunque il patto di sindacato obbligava sia Comune che Provincia a non vendere per tre anni, a meno di mostrarsi dei cialtroni, per cui non avremmo potuto in ogni caso cedere le nostre azioni». Anche sulla presunta disponibilità della Provincia ad acquistare le partecipazioni di Palazzo Marino, Albertini ribadisce che «allora non ci fu una formale offerta da parte di Palazzo Isimbardi». Da qui la battuta sulla disponibilità «a vendere subito, se la Provincia pagasse dieci euro per le nostre azioni».
Vero è, invece, che se il Comune oggi riuscisse a «piazzare» le quote che possiede in Serravalle (circa il 15%), vendendole magari non alla Provincia ma ad altri offerenti - dal momento che gli accordi tra Provincia e Gavio alle spalle di Palazzo Marino hanno rotto il patto, e con esso il divieto di vendita per tre anni -, e ad una quota ovviamente inferiore a 10 euro, lamministrazione potrebbe ottenere quei capitali da investire nella linea 4 del metrò, che dovevano venire dalla privatizzazione di Sea, ancora a rischio dopo lo stop imposto dal Tar.
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