Fabrizio de Feo
da Roma
Il suo Primo maggio Gianni Alemanno lo trascorrerà in un luogo simbolico per il lavoro italiano: le acciaierie di Terni, dove lUgl di Renata Polverini manifesterà in favore di un polo produttivo in difficoltà. La scelta di Letizia Moratti di recarsi nella «tana del lupo», ovvero alla manifestazione della Triplice a Milano, però, la condivide in pieno. E la applaude con parole chiare.
Ministro Alemanno, Ferrante bolla la decisione della Moratti di manifestare come «una provocazione».
«Quello della Moratti è un ragionamento intelligente perché le manifestazioni del Primo maggio dovrebbero essere di tutti. Purtroppo secondo alcuni esponenti della sinistra queste manifestazioni dovrebbero essere di tutti meno qualcuno. Il problema è che questo qualcuno rappresenta la metà del Paese. Mi auguro che i sindacati facciano il massimo sforzo per rompere questo tabù».
Lei al suo posto sarebbe andato?
«Io ci sarei andato se non ci fosse stata questa manifestazione a Terni che è più concreta perché si tiene in un posto simbolo dove si gioca una sfida importante per il lavoro».
Camera e Senato sono nelle mani di due ex sindacalisti. Cè un significato simbolico in questa scelta?
«Sulla scelta di due ex sindacalisti non ho nulla da eccepire. Peraltro rappresentano storie completamente diverse, visto che Bertinotti è stato leader dellala più intransigente della Cgil mentre Marini è stato leader della Cisl».
Bertinotti ha usato toni imbevuti di ideologia, pur parlando da una sede neutra.
«Bertinotti ha parlato come chi fino a ieri era segretario di Rifondazione. È evidente che il rischio di una deriva massimalista esiste. Io rispetto la persona che è seria e civile ma è evidente che il centrosinistra dovrà fare i conti con le idee di Bertinotti».
Esiste il pericolo che il centrosinistra rinsaldi ulteriormente il suo rapporto con il sindacato e che il centrodestra fatichi a trovare interlocutori in quellambito?
«Io credo che, così come la Triplice non debba rinchiudersi in se stessa e guardare in modo unilaterale al lavoro, così il centrodestra non debba guardare con sospetto verso il sindacato. Quando abbiamo aperto il dialogo, come è accaduto con il Patto per lItalia, abbiamo visto che Cisl, Uil, Ugl e sindacati autonomi si sono sottratte allinfluenza della Cgil. Dobbiamo stare attenti a non schiacciare tutto il mondo sindacale attorno alle equazioni ideologiche della Cgil».
Perché la Cdl, nella scorsa legislatura, non è riuscita a tenere vivo il rapporto con i sindacati?
«Temo che il Patto per lItalia non fosse poggiato su una consapevolezza più vasta. Era un accordo sociale importantissimo, superiore al patto di Natale del 98, il patto sociale più profondo e organico dopo quello del 93 di Ciampi. Però non è stato considerato strategico, non ci si è creduto fino in fondo e invece di rilanciare sono scattati meccanismi di freno che hanno permesso alla Cgil di passare dallisolamento alla controffensiva».
Cosa deve fare il centrodestra per riavviare il dialogo con le parti sociali?
«Deve trovare una dottrina condivisa da tutta la coalizione che ci consenta di dare valore strategico al dialogo sociale, indirizzando le decisioni in chiave di sussidiarietà e non di dirigismo. Non è semplice perché su molte tematiche le parti sociali appaiono conservatrici ma non bisogna demonizzarle. Bisogna piuttosto incalzarle sul confronto reale anche perché uno dei motivi per cui non abbiamo vinto le elezioni è stata proprio la nostra incapacità di trovare un punto di equilibrio tra primato della politica e influenza di sindacati e Confindustria».
Un primo terreno di confronto potrebbe essere la Legge Biagi.
«Io difendo questa legge ma penso possa essere perfezionata con listituzione di un nuovo statuto dei lavoratori come riferimento per tutte le forme di contratti, compresi quelle flessibili, visto che il vecchio statuto dei lavoratori risale agli anni 70. Infine va rilanciato il tema della partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese perché un sindacalismo solamente conflittuale rischia di essere perdente rispetto alle sfide della globalizzazione».
Vorrebbe superare a sinistra la sinistra?
«No, ma credo che si debbano contestare gli assetti sociali della sinistra in chiave più moderna e sociale, non meno sociale, combattendo piuttosto leccesso di burocrazia e rigidità, la separazione dei lavoratori in fasce più o meno protette e contrastando il lavoro nero e il sommerso. Fermo restando che le relazioni industriali e sindacali si fanno coinvolgendo e non sfidando quelli che ci stanno».
Cosa sarà della Legge Biagi con il centrosinistra?
«Innanzitutto avranno gioco facile perché il difficile è già stato fatto. Faranno qualche revisione ma saranno incapaci di varare lo statuto dei lavoratori e la riforma della contrattazione. I paletti ideologici paralizzeranno tutto e bloccheranno ogni ulteriore processo di riforma».
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