Los Angeles - David Duchovny torna a vestire i panni di Fox Mulder in X-Files 2, Voglio Crederci, dieci anni dopo l'uscita del primo film basato sulla serie televisiva X-Files, che incassò 187 milioni di dollari. Gli amanti del paranormale, dei complotti, dell'horror e della suspense attendevano da anni un nuovo seguito alla serie cult diffusa dal 1993 al 2002, e il film, uscito il 27 luglio negli Stati Uniti, ha incassato 20 milioni di dollari il primo weekend. In Italia arriva il 5 settembre e c’è grandissima attesa. Tornano le atmosfere inquietanti e minacciose, malgrado il fatto che il film si svolga tra neve e ghiacci. Mulder e la scettica Scully (Gillian Anderson) indagano sulla misteriosa scomparsa di donne i cui resti spuntano qua e là nei boschi della Virginia, dove la polizia pensa a esperimenti medici segreti. Questa inchiesta porterà Mulder, colui che crede nel soprannaturale e negli alieni, sull'orlo di una battaglia interiore che lo farà dubitare delle sue certezze. Duchovny, molto preso nella sua parte, racconta lo spirito del nuovo film.
«Ho sempre considerato la religione in senso lato. Scully indossa sempre una croce, si presume sia cattolica, ma Mulder non è credente in modo istituzionale, ha una spiritualità più vasta. In questo film è meno coinvolto nella crociata per cui lo conosciamo, provare l'esistenza degli alieni, ma alla fine sarà nuovamente motivato per scavare nei meandri del soprannaturale. Comunque in Voglio crederci non ci sono alieni e la trama non è basata sulla mitologia tra umani ed extraterrestri della serie televisiva, è una storia autonoma che si indirizza sia ai fan che ai neofiti. Vi assicuro però che fa davvero paura, è un film molto dark, in cui avvengono fenomeni orribili e inediti».
Come è stato lavorare nuovamente con Gillian Anderson?
«Abbiamo subito ritrovato la nostra complicità. Ci sentivamo ogni tanto per e-mail perché lei si era trasferita a Londra».
Ma la relazione tra Mulder e Scully non è più platonica...
«Il nostro rapporto evolve, ma rimane sempre una relazione intellettuale. Ma non parliamo di baci e dei vari indizi più o meno fuorvianti disseminati dai produttori durante la fase promozionale».
Paranoie e fantapolitica sono il pane degli X-Files. Crede che nel contesto politico ed economico attuale questi temi siano ancora più pertinenti per il pubblico?
«Sicuramente alcune delle nostre ipotesi sembrano meno inverosimili. Non so se la gente è più interessata a certe cose quando non succedono o viceversa, se tira di più la fantasia o la riflessione della realtà. Personalmente però credo che quella dei complotti governativi sia una risposta di comodo. Vogliamo credere ai cattivi per evitare le nostre responsabilità e diluire i nostri sensi di colpa».
È più facile credere ai complotti...
«Sono utili, sono la realizzazione di desideri inconsci, e narrativamente sono perfetti perché culminano quando il buono scopre e punisce il cattivo»
Ma anche lei è così?
«No, io mi sento come Mulder, il mio personaggio, un tipo che vuole connettere i puntini per vedere il quadro complessivo. Penso che quasi tutti gli artisti siano così. Scienziati, filosofi, artisti e religiosi indagano tutti l'ignoto, anche se in modi diversi, e forse è proprio questa la chiave del successo degli X-Files».
Dopo tanti anni in un ruolo pieno di incontri spaventosi c'è ancora qualcosa che le fa paura?
«Non mi piacciono i clown.
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