Allarme «mal d’autunno»: colpisce un milanese su dieci

Dire arrivederci all’estate guasta l’umore e fa pure ingrassare. Dopo mesi trascorsi fra palestra e insalatine, a pareggiare i conti con la bilancia ci pensa settembre. La stagione è insidiosa per tutti, depressi e cuor contenti, che alle prime piogge rischiano di scivolare nel loop del «mal d’autunno». «Una sindrome che anche in Italia arriva a interessare una persona su 10, con le donne 6 volte più colpite rispetto agli uomini», spiega Claudio Mencacci, primario psichiatra all’ospedale Fatebenefratelli di Milano.
Parola di esperto, la malinconia cronica post-ferie non è una leggenda e ha persino un nome tecnico: seasonal affective desorder.
Dipende dalla luce che latita e, tra i sintomi più tipici, comprende anche «un aumento generale dell’appetito e in particolare della voglia di carboidrati», sottolinea Mencacci. Ma se in autunno si mangia di più, non è per dimenticare sole, mare o monti. «Siccome tutto è regolato geneticamente», e il nostro Dna non si dimentica che «restiamo pur sempre mammiferi, la fame di stagione è legata a un meccanismo paragonabile all’entrata in letargo», dice lo psichiatra. I depressi d’autunno sperimentano sulla propria pelle «un residuo ancestrale» che, in vista dell’inverno, spinge a fare il pieno di energie. Proprio come accade agli orsi o alle marmotte. Con la differenza che, mentre poi loro si addormentano davvero al caldo delle pellicce aspettando primavera, a noi del letargo restano solo i chili di troppo. E un bisogno di dormire difficile da soddisfare.
«La causa del mal d’autunno - prosegue Mencacci - è sostanzialmente la riduzione del cosiddetto fotoperiodo, ovvero la quantità di luce» alla quale siamo esposti durante il giorno. «La luce del sole, infatti, penetra nel nostro organismo attraverso la retina dell’occhio e percorre il cervello fino a raggiungere la ghiandola pineale che secerne melatonina». A sua volta, questo ormone-lancetta dell’orologio biologico è collegato ai circuiti della serotonina, noto ormone del buonumore. In poche parole, «in autunno si modifica il rilascio di melatonina e una riduzione dei livelli di serotonina».
Da qui il «quadro clinico» della depressione di stagione. «Difficoltà a svegliarsi al mattino, continua sensazione di stanchezza, umore irritabile, aumento dello stato di ansietà e perdita della concentrazione». Sintomi particolarmente noti alle donne, con un picco massimo fra le giovani adulte 30-40enni. «L’età in cui tutti gli orologi biologici si mettono in moto», evidenzia lo psichiatra. Che conferma l’impatto oggettivo del mal d’autunno sulla vita di tutti i giorni: «Le performance sul lavoro possono risentirne, per il calo della concentrazione e una sorta di stato confusionale che aumenta per esempio la probabilità di sviste o errori».
Ovviamente, come accade con tutte le sindromi associate al meteo o al calendario, ci sono individui più o meno sensibili al disagio autunnale.
Contrariamente a quanto si possa pensare, al mal d’autunno non corrisponde un aumento dei suicidi o in generale dei tentativi di togliersi la vita. «La stagione più a rischio non è l’autunno - assicura Mencacci - bensì la primavera, in generale i mesi fra aprile e giugno».

Tuttavia, pur senza arrivare all’estremo gesto, «questa sindrome stagionale può peggiorare le condizioni di chi soffre di depressione vera e propria». Un mal di vivere patologico che, «nel corso della vita, interessa circa una persona su 5. Quanto invece alla depressione più grave, colpisce 7-10 soggetti su 100», riferisce lo psichiatra.

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