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Alleanza tra narcos e 'ndrangheta: fiumi di coca verso la Lombardia

A capo dell'organizzazione c'era Franco Barbaro, terza generazione di calabresi al Nord. La droga nei container

Alleanza tra narcos e 'ndrangheta: fiumi di coca verso la Lombardia
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Barbaro, Perre, Trimboli: passano i decenni, i nomi e le famiglie sono sempre le stesse. Nella retata del Gico della Guardia di finanza che ieri spedisce in carcere per narcotraffico venticinque persone, a colpire è la continuità apparentemente inscalfibile delle gerarchie malavitose: con il gruppo storico dei calabresi di Platì e Locri, attraverso i loro insediamenti altrettanto storici tra Corsico e Buccinasco, che continuano a dettare le regole. Le prime generazioni sono state sgominate, le seconde hanno preso il loro posto e seguito il medesimo destino, ora tocca alle terze. Che però si segnalano per saper stare al passo con la modernità, accettando alleanze e metodi cui i progenitori avrebbero guardato con diffidenza: gli albanesi come Marrjus Aliu, 35 anni, broker internazionale del traffico di coca sui container transatlantici; cinesi come Lyun Chen, funambolo dei traffici di valuta nell'inafferrabile circuito dello fei ch'ien.

Impressionanti i numeri dell'ordinanza di custodia eseguita dalle Fiamme gialle all'alba di ieri: 119 capi d'accusa, tre tonnellate e mezzo di cocaina trasportata, quattrocento chili sequestrati negli interventi in flagranza. Al vertice Franco Barbaro: 49 anni, il più brillante della terza generazione, nato a Locri ma cresciuto a Milano. È lui secondo l'ordinanza di custodia a gestire i rapporti con Aliu, che è nato a Cavaje, in Albania, ma da sempre lavora sulle due sponde dell'Adriatico e a Milano ha da anni casa in via Tremelloni, a Crescenzago. Casa dignitosa ma senza sfarzo, i suoi profitti Marius li preferisce reinvestire in patria. Sono profitti colossali, perché in Italia lo sveglio Marius ha scalato tutti i gradini delle organizzazioni criminali fino a diventare l'interlocutore permanente dei cartelli colombiani che facevano transitare i carichi per il Brasile, nelle solide mani di Major Carvalho, e da lì imbarcati nei container dei cargo che solcano l'Oceano a migliaia, praticamente impossibili da controllare in assenza di "dritte" precise. Destinazione Italia, soprattutto Lombardia: la logistica dell'organizzazione prevedeva il passaggio nel magazzino centrale a Casorate Primo, in provincia di Pavia, da lì lo smistamento ai grossisti. E poi via, verso il vasto mondo del consumo, tra luoghi di svago e workaholics: ma di questo i piani alti dello smercio non si occupavano.

A prendere di mira Franco Barbaro e il suo braccio destro Bruno Trimboli il Gico era arrivato già due anni fa, quando era scattata l'operazione congiunta delle procure di Milano, Reggio Calabria e Napoli sui flussi di cocaina che sbarcavano nei porti di Gioia Tauro e Rotterdam; a Milano il punto di approdo principale era stato individuato a Quarto Oggiaro, nel regno di un'altra grande famiglia, i Bruzzaniti. Ma le indagini non si sono fermate lì e la svolta è arrivata quando è stato scassinato dagli investigatori, grazie a un ordine europeo di indagini, il sistema di criptofonini, ovvero di chiamate e messaggi gestiti con il sistema SyEcc, di cui l'organizzazione si fidava ciecamente (e, fino a un certo punto, giustamente).

È emersa la fitta rete di contatti di Barbaro con interlocutori nascosti dietro i nickname più coloriti: "Leonardo Di Caprio", "Bud Spencer", "Fantasma", "Elefante", "Messicano". Poi, con pazienza, è bastato risalire la corrente.

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