
Imane Khelif non ci sta. Reduce dalla medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi, la pugile intersessuale è pronta a lottare contro la decisione della World Boxing Association di introdurre l’obbligo di test genetici per la partecipazione alle competizioni internazionali femminili: l’algerina ha presentato un ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport (Tas) di Losanna.
L’introduzione del test cromosomico ha impedito alla Khelif di partecipare ai Campionati Mondiali di pugilato femminile 2025 organizzati dall’International Boxing Association (IBA) ma allo stato attuale non potrà prendere parte ad alcun torneo organizzato dalla World Boxing. La conferma della presentazione del ricorso è arrivata direttamente dal Tas, che non ha ancora fissato la data dell’udienza.
La federazione di boxe ha deciso di introdurre il test obbligatorio nell’ambito di una nuova politica per garantire “parità di condizioni competitive tra uomini e donne”. In questo modo le federazioni nazionali dei pugili avranno l’obbligo di effettuare i test genetici e di comunicare i risultati alla WBA. Entrando nel dettaglio, il test serve a rilevare la presenza del gene SRY che indica la presenza del cromosoma Y, i cui geni determinano lo sviluppo del sesso maschile (XY) rispetto a quello femminile (XX).
Ricordiamo che la Khelif era stata esclusa dai Mondiali di Boxe nel 2023 perché gli esiti di alcuni test medici non rispettavano i criteri per l’accesso alle categorie femminili dell’Iba. In particolare, gli esami indicavano livelli di testosterone troppo elevati e soprattutto la presenza di cromosomi XY, ossia un cariotipo maschile.
Nonostante ciò, il Comitato Olimpico Internazionale ha autorizzato l’algerina a gareggiare alle Olimpiadi di Parigi, sostenendo che la pugile è “nata donna, registrata come donna e aveva vissuto la sua vita come donna”. Poi, complici anche le polemiche, è stata sancita l’introduzione di test genetici obbligatori. Ora il nuovo capitolo con il ricorso al Tas.