Intervista a Riccardo Pinzauti, decano degli allenatori dei cavalli da corsa

Alle 7 in punto del mattino aprono i cancelli della pista di allenamento e Riccardo Pinzauti ha un cavallo da far galoppare. Lo seguiamo, scoprendo moltissime cose interessante di questo affascinante mondo delle corse dei cavalli. Seguire da vicino il cavallo Igazgato è un'esperienza emozionante, così come il racconto, appassionato, che ci fa Pinzauti

Riccardo Pinzauti
Riccardo Pinzauti


Il suo sogno era correre in pista e nel lontano giugno del 1974 lo trasformò in realtà. Un paio di anni più tardi Riccardo Pinzauti acquisisce la patente di allenatore. Tra alti e bassi, come spesso succede in qualsiasi ambito lavorativo, il prossimo anno festeggerà 50 anni di carriera nel mondo del galoppo agonistico.

Mi accoglie con un gran sorriso e una calorosa stretta di mano, salgo sulla sua auto poiché alle ore 7 aprono i cancelli della pista di allenamento e lui ha un cavallo da far galoppare. Aiutato da Enrico Baldacci usciamo dalle scuderie per proseguire all’interno del magnifico parco di San Rossore (Pisa). Il cavallo in questione è il baio Igazgato, un bellissimo castrone di 5 anni che ha iniziato il 2023 in maniera scintillante, adesso si sta preparando per prove superiori perché, come ogni atleta, l’asticella della difficoltà corre sempre verso l’alto.

Con occhio attento segue l’esercizio del suo allievo e mentre lo osserva mi spiega il lavoro che dovrà fare, per me è una prospettiva nuova poiché non ho mai seguito un cavallo alla sua stessa velocità, dalle tribune oppure alla tv è tutto un altro sport. Finisce l’allenamento e si ritorna in scuderia, le sensazioni sono buone, il cavallo ha risposto positivamente alle sollecitazioni richieste e sia Riccardo che Enrico sono soddisfatti. Dopo una bella doccia Igazgato entra nel box e ci osserva vispo e consapevole di aver esaudito tutte le richieste del fantino e del suo allenatore. Inizia l’intervista e non si poteva che partire dal beniamino della scuderia.

Adesso ha in allenamento Igazgato, che sta facendo molto bene…
"Igazgato è un cavallino che ci fa divertire, è docile, gli piace allenarsi, simpatico e amorevole, ovvero si fa voler bene ed ha il cuore del lottatore, è nato cavallo da corsa e lo sta dimostrando. Come ha visto anche con lei si è subito sciolto, coccole e carezze senza aver paura…i cavalli sono curiosi ma nascono prede, lui però, come ho detto, è docile ma oserei dire anche molto fiero, un gran bell’animale. Ha visto come ha galoppato? Ed ora è pronto per il pasto".

Chiamarlo cavallino è un eufemismo, visto che è alto 164 cm al garrese e pesa quasi 500 chili… una montagna di muscoli ed armonia.

Igazgato montato da Enrico Baldacci
Igazgato montato da Enrico Baldacci

Come si svolge il lavoro quotidiano in scuderia?
"Per accudire e gestire un cavallo da corsa devi avere spirito di sacrificio, perché gli orari di lavoro sono molto particolari, la mattina ti devi svegliare presto e con qualsiasi tipo di clima perché il cavallo è un atleta che deve allenarsi e siccome non può farlo da solo, giocoforza l’uomo deve adattarsi. Le parole chiave sono dedizione e consapevolezza perché nessuno 'nasce imparato'. E se al mattino c’è l’uscita che serve a prepararlo alla gara, il lavoro nel box, quello intorno al cavallo, è altrettanto importante perché l’osservazione e la cura portano enormi benefici e aiutano l'allenatore a capire l’animale. Il cavallo è un animale abitudinario e passa molto tempo nel box e un ambiente pulito e protetto è indispensabile per il suo equilibrio psico-fisico. Un altro punto importante per un addetto di scuderia è saper montare, e non intendo mettere i piedi nelle staffe. Il purosangue inglese è nato per correre e correre forte, quindi ci vuole una grande competenza e la competenza chiaramente si matura con l'esperienza e con l'ascoltare chi ne sa più di te, attività sempre più rare perché ormai il mondo viaggia con il marchio 'tutto e subito'. Capire le attitudini del cavallo è fondamentale per indirizzarlo al tipo di corsa più adatta e spesso è meno semplice di quanto si creda".


C’è una persona che si sente di nominare e ringraziare per essersi affermato nella sua professione?
"Sinceramente si, è Metello Macchi, il proprietario di Lose into the Fog, uno dei cavalli più importanti della mia vita. Metello è un grandissimo conoscitore del mondo delle corse, un uomo vecchio stampo che mi ha insegnato ad osservare. Con Lose ci siamo divertiti molto, ma ci ha dato anche qualche dispiacere, uno su tutti il premio Pisa, dove perse la sgabbiata e non si piazzò, provò a recuperare ma il tracciato scorrevole non lo facilitò, rimane un grandissimo cavallo".

E un altro cavallo a cui è rimasto affezionato?
"Sicuramente Mixology, con cui fu amore a prima vista, e se per morfologia e genealogia era perfetto per le nostre esigenze non era esente da guai; infatti, aveva problemi respiratori per una paralisi della corda vocale ma questo non ci fermò e lo comprammo. Mi piace ricordare che fu comprato in Inghilterra, lo andai a vedere nel box almeno una decina di volte. Lo portammo in Italia e dopo un mese e mezzo lo facemmo operare dal dottor Ciampoli. Al rientro in corsa si classificò quarto con molte recriminazioni, poi inanellò due primi posti. Con il passare del tempo e dell’allenamento dimostrò di essere un ottimo cavallo da distanza, culminò la carriera con la vittoria della LR Coppa d’oro, poi un infortunio lo ha costretto al ritiro. Adesso fa lo stallone in terra anglosassone e si gode una nuova vita. Un rammarico ce l’ho: se non si fosse infortunato avrebbe vinto anche le corse di Gruppo, perché la sua crescita era esponenziale".

Mentre Riccardo mi parla prepara il pranzo ad Igazgato. Il cavallo ha fatto un bel galoppo mattutino ed è stato esaltante vederlo correre seguendolo con l’auto dell’allenatore. Il miglior modo per capire che macchina perfetta sia un purosangue inglese.

Come si riconosce un buon soggetto?
"Se possiedi una decina di cavalli, specialmente puledri, l’allenatore si farà delle convinzioni ma è la selezione naturale che fa la differenza, attraverso una serie di lavori sempre più impegnativi i dieci di partenza diventano 5, poi 3 e alla fine ne rimangono 1 o 2. Fatta la selezione si programma l’attività, perché comunque sempre 10 sono. Ma se hai un paio di cavalli il lavoro e la programmazione è totalmente diversa perché i termini di paragone non ci sono. Le grandi scuderie in questo senso sono avvantaggiate ma noi piccoli non ci perdiamo d’animo e lavoriamo ancor più duramente creando un rapporto oserei dire simbiotico con il cavallo e il collaboratore che lo monta e accudisce. E qui nasce la qualità e la vera competenza, quando le sensazioni sono univoche c’è tanta soddisfazione. Un po’ come stamani. Il lavoro culmina con la gara e quando il cavallo riesce a vincere, non c’è niente di meglio perché significa che tutto ciò che abbiamo fatto ha pagato nel vero senso della parola".

I cavalli galoppano e talvolta si sente dire che hanno perso un ferro. Cosa mi puo raccontare di questo aspetto della ferratura?
"I cavalli da corsa montano ferri in alluminio che pesano 85 grammi a differenza dei ferri in ferro che ne pesano 213, ovviamente si montano quelli in alluminio perché più leggeri e performanti. Per onestà intellettuale occorre precisare che il ferro in alluminio è più performante ma a riposo è molto più comodo e salutare quello in ferro perché anche il piede del cavallo ha bisogno di respirare e star comodo".

Igazgato, gli zoccoli del cavallo

Domani continuerete a montare i ferri in alluminio? Le corse dei cavalli resisteranno a tutto questo caos che ormai vediamo da oltre vent’anni e forse un po’ di più?
"Spero tanto di sì anche se il futuro è molto incerto. Si potrebbe star bene tutti, invece non è così. La visione e quel che c’è da fare è chiaro a tutti, di fatto ognuno pensa per sé. Poi i premi pagati a sei mesi non consentono una vera e propria programmazione agonistica e tanto meno un’organizzazione capillare. Come ha visto non mi vergogno a mettermi il camice e rassettare i box… Abbiamo provato a far sintesi, poi però tutto si arena ed il dividi et impera rimane il faro anche nel nostro settore. Dispiace moltissimo pronunciare certe parole poiché l'ippica agonistica è stata un elemento centrale nella rinascita economica dell’Italia e adesso sembra esser diventata zavorra da gettare in mare, ma non è così. Il nostro settore si fonda su due perni: il proprietario del cavallo e la scommessa. Oggi posso convintamente dire che i due perni sono molto zoppicanti, proprio perché manca una chiara e corretta regia".

Si spieghi meglio...
"Non voglio puntare il dito contro qualcuno, ma se siamo arrivati a questo punto, una domanda alla nostra coscienza occorrerebbe farla, nessuno è esente da responsabilità, compreso il sottoscritto. Se vogliamo aiutare questo mondo occorre dare a tutti le stesse opportunità e non parlo al livello tecnico bensì a livello economico, perché il proprietario che riceve il pagamento del premio vinto con una cadenza semestrale non è certo invogliato a continuare. I costi ci sono tutti i giorni e i fornitori vogliono essere pagati regolarmente e in tempi certi. Il sistema esiste solo e soltanto se questa lacuna sarà colmata al più presto e non è un discorso romantico, è la regola base dell’economia che vale anche nel nostro settore. Ripeto, senza proprietari non ci sono i cavalli e senza cavalli non ci sono corse al galoppo".

Mi viene incontro Merlino, il vero "padrone" della scuderia, vuol giocare, incomincia ad abbaiare e capisco che l’intervista è finita, anche lui pretende la sua razione di

coccole, che esaudisco con piacere. Ringrazio Riccardo per il tempo che mi ha dedicato, esco dalle scuderie molto più arricchito… perché un conto è vedere la punta dell’iceberg, ovvero la gara, altro è entrare nell’iceberg.

Il muso del cavallo Igazgato

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