Altro che «biscotto», l’Uruguay si mangia anche il Messico

Ha ventitrè anni, fa il centravanti nell’Ajax e si chiama Luis Alberto Suarez, uruguaiano di Salto, un piccolo centro a 500 chilometri da Montevideo di appena centomila abitanti, ieri tutti ubriachi di mondiale. L’Uruguay batte il Messico con una sua rete di testa a un paio di minuti dalla fine del primo tempo, la difende nel secondo ed è la prima nazionale a qualificarsi agli ottavi assieme proprio ai rivali sconfitti in questa partita. La Celeste vola, porta inviolata, prima nel girone e Argentina evitata con un quarto di finale dietro l’angolo. Un trionfo completo per Oscar Tabarez, un silurato da Cellino. Danubio, Penarol, Boca Juniors, Cagliari, Milan, Velez Sarsfield prima di tornare ct dell’Uruguay nel 2006, vent’anni dopo la prima esperienza a Italia ’90, fuori a Roma nell’ottavo contro gli azzurri, Schillaci e Serena, 2-0. Ma ora rischia di far meglio con una difesa anche fortunata e un ragazzino che la mette, pagato tre anni fa al Nacional di Montevideo 800mila euro dal Groningen e liberato già a metà stagione all’Ajax per 7,5 milioni, sono queste le plusvalenze.
Dietro un fortino che si chiude quando la palla entra nella trequarti, ieri mancava Diego Godin, una delle sentinelle scelte di Tabarez, colpito da un attacco di gastroenterite nell’immediata vigilia. Al suo posto ha giocato Mauricio Victorino, un metro e ottanta, non è cambiato niente, Muslera ha visto sbattere la palla sulla traversa a metà primo tempo, poi tutto è filato liscio. Fra una gomitata, un pestone, Perez e Pereira che non si sono fatto scrupoli a danneggiare la carrozzeria messicana. Gli altri sono Diego Lugano, il capitano, l’ultima frontiera, tre anni nel San Paolo prima di finire al Fenerbahçe, e Jorge Fucile, origini chiaramente italiane. Davanti Edinson Cavani, pezzo pregiato di mercato e Diego Furlan, un’Europa League vinta con l’Atletico di Madrid un mese fa.
Messico-Uruguay sospettata di biscotto è stata una partita aperta, senza esclusioni di colpi, lenta perché l’Uruguay è così e il Messico sembra tarantolato ma alla fine è sempre lì che gira attorno al pallone. Gioco duro e corretto, tre ammoniti, la traversa di Quadrado al 21’ del primo tempo spiega l’equilibrio in campo. Un pareggio avrebbe qualificato entrambe, è uscita una partita vera perché l’Argentina prima del girone B sarebbe stata l’avversaria della seconda nel loro girone e affrontare Maradona non conviene a nessuno.
Il Messico qualcosa di più doveva fare, in caso di pareggio la miglior differenza reti dei sudamericani l’avrebbe penalizzato. Ha provato, paradossalmente ha addirittura tremato quando il Sud Africa è andato sul 2-0, stessi punti e un solo gol di differenza reti.

Al 20’ del secondo tempo Rodriguez, che aveva sulla coscienza la rete di Suarez, in tuffo, nell’area piccola, ha messo fuori di un centimetro scarso il pallone dell’1-1. Non sarebbe cambiato niente ma un altro segnale che il dio del calcio è con la piccola Celeste e magari ci resta un altro po’.

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