da Roma Verdetto giusto: il vincitore nella categoria «Ballo» di Amici 2011 è Denny Lodi, il ragazzo che ha lasciato la Scala per provare l’avventura del talent: a lui un premio di 100mila euro. Ma la sua vittoria l’aveva già ottenuta firmando un contratto con una grande compagnia newyorkese. Conteso fino all’ultimo invece il televoto per il «Canto»: alla fine ha vinto Virginio Simonelli, che così si riscatta dall’eliminazione di Sanremo del 2006 e di cui a giorni uscirà il cd Finalmente. Molti si aspettavano che vincesse invece Annalisa, la bravissima cantante di Savona che ha già inciso il suo primo disco e ha un grande futuro davanti a sé.
Ma tutti i cinque finalisti hanno comunque ottenuto il loro successo: i cantanti hanno già in tasca un contratto con due delle più grandi case discografiche, Warner e Universal, mentre i ballerini sono stati scritturati da tre delle compagnie di balletto più importanti a livello internazionale. Ma, al di là dell’esito finale, ciò che importa per questi ragazzi - come ribadisce sempre la loro amica-madre spirituale Maria De Filippi - è la possibilità di realizzare i loro sogni e cioè incidere dischi e lavorare in un corpo di ballo. Nel dettaglio, Giulia è stata scritturata per una stagione nella Parson’s Dance Company, Denny girerà il mondo con l’americano Complexions Contemporary Ballet e Vito si esibirà in Gran Bretagna con l’English National Ballet. Di Virginio, invece, è appena uscito il cd Finalmente, etichetta Universal e della brava Annalisa il disco Nali per la Warner.
Certo - è la critica che spesso si rivolge al talent della De Filippi - questi ragazzi vengono scritturati, oltre che per il talento, anche grazie alla spinta dei responsabili del programma. Poi bisognerà vedere se i contratti saranno rinnovati o se i finalisti troveranno stabile impiego nel mondo dello spettacolo. Sta di fatto che in questi primi dieci anni di vita del talent i numeri, quelli forniti dalla produzione, danno ragione a chi pensa che Amici non sia solo una «fabbrica dei sogni»: calcolando solo i concorrenti arrivati al serale, ossia 162 ragazzi fra attori, ballerini e cantanti, ben 108 continuano a lavorare nel mondo artistico che avevano scelto entrando ad «Amici», il 71%. «È vero – spiega Maria De Filippi – il programma è cambiato totalmente: nasce come un prodotto per teen ager dove si televotava sulla simpatia e sulla bellezza e si è sempre più spostato verso il mondo discografico. L’arrivo delle etichette e delle compagnie di ballo ha invogliato una serie di talenti che prima non sarebbero mai venuti a partecipare.
Virginio per esempio era già stato a Sanremo, è stato escluso, e da noi si è riconquistato quel contratto perso all’ora. Anche Annalisa se non avesse avuto l’esempio di Emma e Alessandra davanti, non si sarebbe presentata. Stesso discorso per Denny che ha rinunciato alla Scala perché attraverso di noi poteva ottenere un contratto internazionale. Insomma ormai lo show è un vero collante tra i giovani e il mondo del professionismo».
Certo, a fronte del centinaio che ce l’ha fatta, ce ne sono migliaia che, delusi, hanno dovuto riporre nel cassetto le loro aspirazioni. E, magari, tra questi ce ne saranno alcuni con un talento superiore a quei fortunati che si vedono ora risplendere nell’empireo della musica. Perché ad Amici non si emerge solo per il talento, ma anche per la capacità di far breccia sul pubblico televisivo. A volte conta di più un carattere deciso, magari anche arrogante, che una indiscutibile qualità canora. Per cui, come è capitato in quest’ultima edizione, alla semifinale arriva una Francesca che ha brillato più per i capricci e le lamentele che per la voce, o un Vito che si è lasciato andare anche agli insulti e all’irrisione. Ma questa è tv e chi vuol vedere i ballerini puri deve andare alla Scala e non sintonizzarsi su Canale 5.
E sebbene ogni anno la De Filippi tenti di indirizzare il programma sempre più sulla strada del talento, dello studio, del sudore degli allenamenti, e - per fortuna - sempre meno su quello del reality, fatto anche di scontri duri tra i ragazzi e tra questi e i maestri e la commissione giudicante, bisogna pur sempre calibrare le esigenze televisive con quelle «educative».
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