
Altro che Sessantotto o la liberazione sessuale ideologizzata degli anni a seguire.
Poche epoche hanno dato spazio ai sensi come il Settecento. E nel Settecento se c'era un luogo in cui i viaggiatori si immaginavano di poter dar sfogo ad ogni sorta di desiderio... Beh, quel luogo era l'Italia. Per scoprirlo niente di meglio del saggio di Attilio Brilli Storie segrete del viaggio in Italia (Il Mulino, pagg. 308, euro 18) che ricostruisce voglie e rotte di un'epoca in cui la penisola, frazionata politicamente, era però una grande potenza erotica o così veniva raccontata nell'immaginario collettivo europeo.
Ma andiamo con ordine, come spiega Brilli, uno dei massimi esperti di letteratura di viaggio, nel Settecento il Grand tour era una componente fondamentale della formazione di ogni ricco rampollo delle famiglie abbienti britanniche e delle colonie americane. Di questo viaggio, l'Italia era l'aurea appendice.
Un'appendice che contemporaneamente attraeva e scandalizzava. La borghesia puritana guardava con un certo raccapriccio a città come Venezia ad esempio. Già nel Seicento Thomas Coryat aveva descritto le cortigiane della città lagunare come femmine use "ad aprir la faretra ad ogni dardo". E nel 1650 nelle sue istruzioni per viaggiatori James Howell ricordava ai giovani che l'Italia, nella sua miscela di arte sublime e di vizi, era capace di trasformare i santi in diavoli. Ma ovviamente erano avvisi che lungi dal far desistere i viaggiatori li spingevano ad accorrervi sempre più numerosi. Pochi, tra questi l'economista scozzese Adam Smith, consigliavano seriamente di formarsi a casa. Giusto per prendere in esame un caso specifico, nel 1777 Anna Frankland pregava il figlio Thomas Pelham di stare molto attento con le signore che avrebbe incontrato a Firenze. Non ottenne molto credito ma parlava con cognizione di causa. Suo marito Lord Pelham, conte di Chichester, venticinque anni prima aveva intrecciato a Firenze una lunga relazione con la contessa Acciaioli. Del resto lo stesso Goethe affermò che solo a Roma si era sentito uomo nel senso integrale del termine.
Tutte esperienze, trionfi della carne, di cui i viaggiatori parlavano molto poco al loro rientro in patria. Spesso compaiono nei testi e nei diari in maniera molto sfumata. Per fortuna dello storico c'è anche chi ha tenuto diari di viaggio cifrati, come Leandro Fernández de Moratín: una volta decrittati esce una realtà di grande libertà. Ci sono moltissime vicende sentimental erotiche che ruotano attorno alle donne di teatro.
Fanno capolino in queste narrazioni anche le prime viaggiatrici, donne altolocate anch'esse dotate del desiderio di muoversi in un mondo più libero e meno occhiuto di quello protestante. E dovrebbe bastare questo per far capire come il ritratto frusto di una Chiesa cattolica repressiva della sessualità, vada in qualche modo rivisto. Ad esempio Lady Mary Wortley Montagu è la prima donna che, risiedendo a lungo in Italia, compone un'efficace narrazione sulla realtà di questa libertà dei sensi della penisola. Secondo lei l'Italia dall'inizio del Settecento ha fatto da apripista nel cambiamento dei costumi femminili. Le aristocratiche e le borghesi italiane avevano secondo lei ereditato la libertà delle dame francesi portandola ad un nuovo livello. Ne era un esempio il cicisbeo, un costume tipico della penisola, che prevedeva l'adozione da parte della donna di un amante ammesso e riconosciuto dal marito. Quanto amante? Quanto amator cortese e in senso stilnovistico? Difficile stabilire regole per una situazione che gettava grande confusione anche nei viaggiatori dell'epoca. Un esempio pratico. Di certo ci fu un ménage à trois che coinvolse il pittore Anton Raphael Mengs, sua moglie Margherita e l'amico Johann Joachim Winckelmann. Così Winckelmann descriveva la situazione al pittore Füssli: "La vecchia amicizia con il mio Mengs non solo è stata ristabilita grazie alla moglie, ma sembra che abbia raggiunto il massimo grado di confidenza, tanto che egli desidererebbe condividere con me il suo bene più caro, il godimento della sua amata moglie". Sempre secondo Lady Montagu, anche la gelosia maschile si è polverizzata in Italia, ben prima che arrivassero a teorizzare i filosofi dei lumi parigini. Nelle città italiane era considerata semplicemente ridicola. Sul tema tornò anche Lord Byron quando il Grand tour si stava già avviando verso il tramonto. Con occhio attento soprattutto alla Romagna racconta di italiane che trasferiscono le regole del matrimonio all'adulterio dove tutto è permesso. Il matrimonio vero, in fondo, resta una questione di affari, e si gestisce come il conto dal droghiere: dimenticandosene.
Ma la fantasia dei racconti di viaggio si allarga enormemente dentro le gazzette pettegole dell'epoca e allora Brilli può pescare a piene mani da vicende che portano il lettore in un mondo molto piccante. Anche perché in fondo l'innocenza la si può perdere una volta sola e gli intellettuali del Settecento l'hanno persa tutta. Prendiamo John Durant Breval (1680-1738) che fuggì da Cambridge dopo aver provocato un bello scandalo con moglie altrui. Non contento e ormai diventato un viaggiatore incallito - nonché autore di un classico di viaggio come Remarks on Several Parts of Europe - passò per Milano dove scoprì la voluttà di andare a parlare con le monache di clausura. Erano belle e dolcissime dietro le grate dei conventi, accendevano le fantasie dei viaggiatori. Breval superò il livello della fantasia e fuggì da Milano con al seguito Donna Paola Pietra "tratta dai ferri". Ci si mettevano anche i genitori a dare una mano a chi non sapeva come cavarsela con il gentil sesso da Grand tour.
Abbiamo ad esempio le istruttive lettere del quarto conte di Chesterfield, Philip Dormer Stanhope, inviate al figlio illegittimo Philip. Il cuore del discorso? "Hai una donna che sappia svezzarti?". Un giovane per bene doveva farsi svezzare da una dama dell'alta società. Il conte fornisce precise istruzioni per il corteggiamento. Serve assiduità, persistenza, attenzione, le dame si (ri)pagano così. Ma come aveva spiegato un'esperta dama allo stesso conte: "Caro il mio novellino, non andare con ragazze dell'Opéra o con attrici che ti farebbero risparmiare quanto a sfoggio di sentimenti e cortesie, ma che, a conti fatti, ti costerebbero molto di più". E tra i costi andava inclusa la sifilide. Che per altro non risparmiava nemmeno le dame dell'alta società. Quando le lettere finirono pubblicate, non tutti apprezzarono questi insegnamenti. Samuel Johnson sostenne che le lettere insegnavano "le maniere di un maestro di ballo e la morale di una puttana". Poi però ci sono anche le palle di neve ripiene di messaggi d'amore che a Siena sembrano essere un modo galante di risolvere questioni di cuore, insomma un Settecento europeo e soprattutto italiano che aveva già sdoganato tutto ma con classe e un pizzico di nobiltà.
Con un erotismo, mascherine veneziane comprese, che dopo è stato possibile solo scimmiottare. A partire dalla citazione del Fidelio nel kubrickiano Eyes Wide Shut. Ma certe feste venivano meglio a Venezia nel Settecento.