Cera una volta la casa di Montecarlo. O meglio, cera un presidente della Camera che sullappartamento monegasco non lha raccontata giusta. E che dire del cognato, che non lha raccontata per niente. O della compagna dellex delfino di Almirante, che lha raccontata via mail a un costruttore del Principato nel coordinare i lavori di ristrutturazione del quartierino abitato da Giancarlino di cui il «consorte» giurò di ignorare lesistenza.
Mentre scorrono i titoli di coda sullaffaire immobiliare un riassunto delle puntate precedenti aiuta a definire il contorno dello scandalo che ha travolto la terza carica dello Stato. Linchiesta del Giornale nasce per caso grazie al fiuto di una firma storica di questo quotidiano, Livio Caputo, che il 22 luglio manda una mail in redazione raccontando quanto appreso da un amico di casa a Montecarlo: e cioè che al 14 di Boulevard Charlotte, nellappartamento di proprietà di una contessa donato nel 2008 ad An e rimasto sfitto per tantissimi anni (nonostante più richieste dacquisto) cerano andati ad abitare Fini e la Tulliani. Aggiungeva, la fonte di Caputo, che sarebbe stato il caso di indagare a fondo perché la titolarità dellappartamento faceva riferimento a una società anonima.
Le informazioni contenute nella mail, come scoprirà di lì a poco linviato del Giornale Gian Marco Chiocci, erano in parte sbagliate anche se offrivano piste interessanti da seguire. Parlando con muratori, elettricisti, funzionari di banca, agenti immobiliari, impiegati del catasto, poliziotti e inquilini, Chiocci trovò riscontri sulla proprietà dellimmobile (la società Timara) sullazienda che svolse la ristrutturazione, sulla circostanza che il giovane abitava effettivamente lì: più testimoni giuravano daver visto anche Fini e la compagna nellandrone delle scale, e comunque cera scritto «Tulliani» sul citofono e sul campanello di casa che linviato del Giornale pigiò per sollecitare chiarimenti. Anziché rispondere alle domande, il giovin ferrarista chiamò la polizia, che interrogò e fotosegnalò Chiocci invitandolo a lasciare il Paese. Lindomani, 28 luglio, il Giornale mandò in stampa lo scoop: «Fini, la compagna, il cognato e una strana casa a Montecarlo».
Quel che venne fuori di lì a poco rappresentò uno tsunami per Fini. Tempo due giorni e si materializzò il testamento olografo della contessa che vincolava la cessione dei beni donati al partito alla «buona battaglia». Dopodiché, Chiocci e altri inviati (Stefano Filippi, Massimo Malpica, Stefano Zurlo) misero le mani sui carteggi esplosivi della compravendita che dimostravano come lalienazione dellappartamento di 70 metri quadri era stata fatta a un prezzo ridicolo (appena 300mila euro). E in più, a una società off-shore denominata Printemps creata nellisola di Saint Lucia (paese a rischio riciclaggio) che per 30mila euro in più laveva rivenduta a unaltra società anonima, la Timara. La Destra presentò un esposto, la procura fu obbligata ad aprire uninchiesta.
Schiacciato dai riscontri Fini ha preso tempo, e ha negato tutto: in occasione delle offerte da oltre un milione di euro al partito e snobbate inspiegabilmente dai «suoi» tesorieri; quando due impiegati di un mobilificio romano racconteranno di averlo visto acquistare - in compagnia di Elisabetta - una cucina destinata a Montecarlo (le foto pubblicate il 28 settembre sbugiarderanno lui e i finiani che hanno a lungo ironizzato sullesistenza della Scavolini). Fini non ha parlato mai. Quando lha fatto sè pentito. Un esempio? Quando rivelò un dettaglio della compravendita che non poteva/doveva sapere. Per non parlare poi dellambasciatore italiano nel Principato che ammetterà di aver «aiutato» il cognato eccellente (e sua sorella) per la ristrutturazione dellappartamento. Per dire del prezzo dacquisto nientaffatto congruo (come accertato dalla autorità monegasche su richiesta dei pm italiani).
Fini non ha chiarito mai niente, a cominciare dal ruolo effettivamente ricoperto dal cognato che gli propose la vendita dellimmobile, che trovò personalmente la prima società off-shore, che finirà per occupare lui lappartamento della Colleoni di proprietà della seconda off-shore collegata alla prima. Non ha fiatato, il Nostro, quando abbiamo pubblicato il contratto daffitto con due firme identiche dalla parte del proprietario e in quella dellaffittuario. Ha fatto finta di non capire quando da Santa Lucia trapelavano indiscrezioni devastanti sulla riconducibilità al cognato delle due Ltd.
Ora è ancora più evidente, ma il cieco del Fli, statene certi, guarderà altrove.
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