Anche Fastweb finisce all’estero

da Milano

L’Italia «chiama», dall’estero «rispondono»: dopo Omnitel, Wind e Tre anche Fastweb diventa straniera. Il passaggio di mano del secondo operatore fisso della Penisola è in agenda questa mattina alle 8, quando il presidente Silvio Scaglia aggiornerà il cda sul lancio di un’Opa totalitaria da parte di Swisscom. Un’offerta da 3,5 miliardi che il vertice del gruppo svizzero avrebbe approvato ieri, al termine della data room: Fastweb a fine dicembre contava 1,26 miliardi di fatturato ma non ha mai chiuso un bilancio in utile (1,1 milioni i clienti). La base di partenza sarebbe stata 45 euro per azione ma l’offerta di Berna potrebbe lievitare a 47-48 euro, con un premio del 15% rispetto ai 42,2 euro fatti segnare venerdì in Borsa.
Dettagli in attesa dei quali questa mattina Fastweb rimarrà sospesa dalle contrattazioni. Se questi prezzi fossero confermati non solo permetterebbero a Scaglia di intascare fino a 900 milioni ma si tradurrebbero in una discreta plusvalenza anche per Unicredit (titolare del 4,7% a 44 euro). Da parte sua il gruppo guidato da Stefano Parisi dovrebbe, invece, certificare il carattere «amichevole» del passo eveltico e procedere alla nomina di un advisor, probabilmente Deutsche Bank. Il prezzo dovrebbe essere uguale per tutti, senza premio di maggioranza per Scaglia che peraltro ha già diluito la propria partecipazione dal 25% al 18,5% e manterrebbe mani libere di fronte a eventuali controfferte. Considerando i tempi tecnici, a meno di intoppi, entro l’estate la bandiera della Confederazione elvetica sventolerà sul quartier generale di Fastweb voltando un’altra pagina di una società nata in piena euforia da new economy e che aveva visto tra i promotori la stessa Aem.
Fastweb è solo l’ultima tessera di un business della telefonia sempre più appannaggio degli stranieri. Un percorso iniziato nel ’99 con la cessione per 7,62 miliardi ai tedeschi di Mannesman di Omnitel e Infostrada da parte di Roberto Colaninno per finanziare la scalata, tramite Olivetti, alla Telecom di Franco Bernabè. La «madre di tutte le Opa» che, sotto la benedizione di Massimo D’Alema, vide emergere la razza padana di Chicco Gnutti e il sistema bancario appoggiare con 20,5 miliardi i piani dell’imprenditore mantovano. Debiti poi scaricati a valle della catena di controllo e che appaiono ancora oggi parte significativa dell’indebitamento della Telecom dell’era Tronchetti Provera. Ora la stessa Telecom continua a studiare un’asse con Telefonica.

E mentre Tre è saldamente nelle mani del miliardario di Hong Kong Li Ka Shing, la passione per la «cornetta» si è sopita da tempo anche all’Enel che ha ceduto Wind agli egiziani di Sawiris per 12,1 miliardi. Dopo averne investiti, calcolando ricapitalizzazioni e perdite di esercizio, 17,4.

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