«Via anche McDonald’s e Garbagnati? Così il centro diventerà un deserto»

Cosa c’era di meglio che andare a bere qualcosa da Alemagna per commentare l’opera che si era appena vista alla Scala? Impossibile riprodurre il profumo di wurstel e crauti consumati su qualche tavolaccio della Crota Piemunteisa dopo il cinema. Amarcord il fruttivendolo di Montenapo... Ognuno aveva il suo posto, dove godere appieno della città, ormai accantonato in qualche angolo della memoria. Si possono mangiare mille crauti e bere altrettanti boccali di birra, ma non tornerà mai più. Ce n’era per tutti i gusti, in qualche chilometro quadrato all’ombra del Duomo. Gualtiero Marchesi, Philippe Daverio, Andrea Pinketts, Enzo Jannacci in centro, affollato ormai solo di banche, grandi catene e megastore, non ci vanno più. Cosa succede a Milano? Quale sarà il suo futuro di questo passo? Lo abbiamo chiesto a loro, milanesi doc.
«Il centro la sera è completamente deserto - osserva Marchesi, chef "stellato" -. Quando esco dal ristorante e vedo piazza Scala deserta mi pervade una desolazione... Un tempo erano i negozi a dare un’impronta caratteristica al centro. Ora accanto al Piermarini una banca ha preso il posto di Alemagna. E anche Garbagnati è costretto a chiudere, mi dispiace moltissimo. La città così perde personalità». La ricetta di Marchesi? «In Germania, per esempio, l’amministrazione tutela le botteghe storiche, da noi appena c’è qualcosa di antico lo si abbatte». Inghiottiamo il boccone amaro.
Amarcord un fruttivendolo, la latteria, l’antiquario in Montenapoleone... «Il problema - spiega il critico d’arte Philippe Daverio - è che manca il governo della città da decenni. Il liberismo e l’indifferenza hanno trasformato il centro in una grande vetrina». Non importa il colore, per Daverio, qualsiasi politica va bene, basta che si scelga: che si prenda una via liberista o la via «parigina», ovvero bloccare le destinazioni d’uso dei locali per evitare lo spopolamento del centro, l’importante è che si governi. I rischi? Che Milano diventi tutta una grande boutique. E la libreria Bocca sotto sfratto in galleria ne è l’esempio.
Chi si ricorda più il soprannome di corso Vittorio Emanuele negli anni Settanta? La «Broadway milanese» per via di tutti quei cinema che anno dopo anno stanno sparendo sotto lo sguardo impotente della Madunina. «Milano diventerà una ghost town come nel Far West» prevede Andrea Pinketts. «Io sono tipo da librerie - afferma lo scrittore - e devo dire che vedere megastore multimediali al loro posto in centro mi mette a disagio».
Questione di disaffezione, secondo Enzo Jannacci, della logica del denaro e della furia compulsiva che spinge a comprare ormai tutto on line.

«Nessuno ha più il gusto di andare a cercarsi un maglione o a farsi consiliare dal negoziante di fiducia - spiega il medico prestato alla musica -. In centro ci sono solo banche. E la crisi dov’è? La nostra società è sempre più spersonalizzata e non esiste più una logica in base alla quale sorgono certi negozi invece di altri».

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