Il gruppo Fiat non sarà l’ultima defezione eccellente da Confindustria. Il Giornale ieri lo aveva anticipato. E le conferme sono presto giunte.
Cartiere Pigna, come il Lingotto, dal prossimo primo gennaio non si iscriverà più all’associazione degli industriali. A renderlo noto è stato il presidente e ad del gruppo (nonché deputato Pdl di area tremontiana) Giorgio Jannone. «Siamo stufi di vedere Confindustria così schierata», spiega il manager che ha confermato di aver parlato con alcuni dirigenti Fiat prima di assumere la propria decisione. Una sottolineatura non inopportuna giacché Viale dell’Astronomia ha cercato di liquidare la defezione come una mossa totalmente politica. «Il mio ruolo di deputato non c’entra nulla:anche se il governo fosse di centrosinistra e Confindustria lo attaccasse, non andrebbe bene perché la confederazione deve essere apartitica».
Per l’azienda leader nella cartotecnica è anche una questione economica. «In periodi di crisi- conclude Jannone- le quote associative, che per la maggior parte sono spese in convegni e passerelle varie, devono trovare una giustificazione». Cartiere Pigna è entrata nel novero di coloro che hanno fatto il «gran rifiuto» assieme ad Amplifon, Cis di Nola e Ibm Italia.
Ma i mal di pancia non sono solo su scala nazionale. A livello locale c’è chi ha colto l’attimo fuggente per uscire allo scoperto e chi ha addirittura anticipato le mosse dell’ad di Fiat. È successo a Prato, storico distretto del tessile e colonna del made in Italy, dove l’Unione industriale territoriale ha perso in un colpo solo quattro pezzi pregiati. Quattro imprenditori hanno inviato la loro lettera di dimissioni in questi giorni, proprio come Marchionne. Sono Renato Cecchi, decano della Rifinizione Santo Stefano, Marino Gramigni di Fidias, Carlo Mencaroni, titolare di Eurotintoria e Francesco Grassi, ex presidente della sezione Filatori, con la Sifim.
«A dire la verità, io mi sono dimesso ben prima di Marchionne, il 15 settembre, per essere certo di rispettare il preavviso di 90 giorni », dice Grassi.Il motivo?«Non mi sento più rappresentato, e quindi trovo inutile restare. I problemi contrattuali non c’entrano».A Prato, infatti, non è questione di massimi sistemi, ma di tenuta complessiva del distretto. La polemica, come in molti di questi casi, riguarda l’attuale gestione da parte dei vertici locali. Dispute che la presidenza di Emma Marceaglia non è riuscita a sopire ma che in molti casi ha accentuato con l’utilizzo dei probiviri. Ovvero i commissari confindustriali che hanno il compito di «normalizzare » le diatribe interne alle territoriali.
Gli scontri sono destinati a moltiplicarsi. La maggioranza numerica delle associazioni territoriali di Confindustria appartiene a piccole e medie aziende.
Fiat, in molte realtà italiane, fungeva da «cuscinetto» tra la base e la preponderanza delle aziende a maggioranza statale ( Eni, Enel, Finmeccanica). Senza il Lingotto questa camera di compensazione non esisterà più e la storia di Confindustria potrebbe assomigliare a quella di tanti partiti di centrosinistra: per ogni polemica una microscissione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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