Buffon lo ha proposto per la nazionale del dopo-Lippi, ma la realtà è che da lunedì Alberto Zaccheroni sarà di nuovo a spasso, pur guidando probabilmente ancora la Juve nelle due partite a New York e Toronto contro Red Bulls (23 maggio) e Fiorentina (25): «Se non mi dicono di stare a casa, vado», spiega con un sorriso a metà tra l'amaro e il malinconico. Stasera, intanto, torna a San Siro contro il «suo» Milan per l'ultima recita: la sua avventura in campionato alla guida dei bianconeri finisce qui e certo Zac non si nasconde. «Ho il grande rammarico di non essere riuscito a migliorare la classifica, come eravamo tutti convinti di poter fare. La fortuna di un allenatore, però, è non avere troppi infortuni e poter scegliere chi mandare in campo: io non ho avuto questa possibilità. Con tutti i guai fisici che abbiamo avuto, non sarebbe cambiato nulla nemmeno se fossi arrivato alla Juve a inizio campionato. E non cè nulla che avrei potuto fare, nel corso della stagione, per migliorare la situazione. Non si tratta di una questione dei campi di Vinovo o di preparazione atletica sbagliata. Incide il precampionato: giocare partite quando non si è pronti fisicamente può risultare dannoso a lungo termine».
Chiude con classe, Zac. Senza alzare la voce e con la sensazione di avere comunque lasciato il segno: «Cè stato anche un momento in cui la società ha pensato di riconfermarmi, se avessi dato continuità ai risultati che stavamo ottenendo. Le cose non sono andate come volevo e adesso è logico che si prendano altre direzioni. Dopo una stagione così tormentata, sarebbe difficile ripartire dallo stesso allenatore. I nomi che circolano per succedermi sono però tutti di grande livello. Hanno vinto meno di me? Nel calcio contano gli ultimi risultati: in Italia si va alla ricerca di chi ha vinto sempre ma, siccome non è possibile, si prendono quelli che hanno fatto bene nell'ultimo periodo». Sedici partite di campionato prima di stasera: 6 vittorie, altrettanti ko e 4 pareggi, questo il bilancio di Zac. «Una sconfitta in più o in meno non fa la differenza. L'unico dato che conta è che la Juve è fuori dalla Champions». Per questo, John Elkann ha deciso per il ribaltone: Andrea Agnelli presidente, Marotta direttore generale e Delneri (più tutto lo staff) allenatore. Milan-Juve è un orpello, un di più del quale quasi si farebbe a meno.
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