Ancora una mamma assassina: col filo strangola il figlio di 4 anni

Parabiago (Mi)Nel giardino a pianterreno di questo bell’appartamento immerso nella natura, tra tendine parasole gialle e bianche e tapparelle verde bosco, ci sono ancora tutti i giochi di Lorenzo Ravelli, 4 anni. La sua casetta rosa, le racchette di legno del Milan, una seggiolina di plastica blu. Uno sfondo ridente, che sa di famiglia e profuma di bambino. Un paesaggio ora sospeso nel vuoto di una tragedia immane, la più grande che esista, la più enigmatica. Perché Lorenzo non c’è più. L’ha ucciso ieri mattina, strangolandolo con il cavo per ricaricare il telefonino cellulare, la sua mamma, Marcella Sardeni, una 34enne impiegata in una ditta privata di Cerro Maggiore e che in questi giorni era in ferie. Il vero perché forse - come tante altre volte, come per la madre trentina che domenica si è uccisa trascinando con sé la figlia di 5 mesi - non lo sapremo mai. «Ha agito in preda a un raptus - spiega, anche lei sbigottita, Michela Pagliara, la giovane comandante interinale della compagnia dei carabinieri di Parabiago -. Adesso è in stato di choc, non ha fatto alcuna ammissione, ma l’abbiamo arrestata per omicidio volontario ed è ricoverata al reparto psichiatrico dell’ospedale locale, piantonata a vista».
Ogni tragedia ha il suo prologo. E quello che ha travolto per sempre questa famigliola - composta dal piccolo Lorenzo, dalla sua mamma e dal papà Matteo, dirigente in un’azienda milanese - non sembrava fino a ieri mattina nemmeno particolarmente amaro. Papà e mamma entrambi laureati, un alto tenore di vita, entrambi della zona, non si erano mai sposati, ma tutti li descrivono come una coppia affiatata, evidentemente innamorata, legatissimi al figlioletto. L’ombra che oscurava questa felicità si chiama depressione: Marcella ne soffriva da un po’ ed era in cura. La sua famiglia d’origine lo sapeva e la teneva d’occhio, non minimizzava la situazione; il compagno ne era ben conscio, ma il «male oscuro» ormai colpisce tanta gente e quella di cui soffriva Marcella non era nemmeno la forma più grave: era sempre andata al lavoro e con Lorenzo e il suo papà si era sempre comportata come una mamma modello, come una donna su cui fare affidamento. Tuttavia, dopo una serena domenica passata in cortile con il suo bambino e l’uomo della sua vita, quando ieri a mezzogiorno la madre le ha telefonato più volte e Marcella non ha risposto al telefono, la donna ha avuto un presentimento terribile: era successo qualcosa, qualcosa di grave a sua figlia. E forse anche al piccolo Lorenzo? Così la nonna ha allertato il marito e l’altra figlia e tutti insieme sono corsi a casa di Marcella, in via Resegone. Purtroppo la donna che ha aperto la porta aveva solo l’aspetto fisico della loro Marcella. Era una persona ridotta a un fascio di nervi, che blaterava parole sconnesse. Lorenzo era a terra, prono, ancora respirava nonostante il carica batteria del telefonino stretto attorno al collo. E mentre la madre e il padre di Marcella, disperati, cercavano di capire dalla figlia come fosse arrivata a compiere quel gesto tremendo, quella follia assurda, la sorella chiamava il 118.

Purtroppo il tentativo di rianimazione degli operatori sanitari sul piccolo non ha avuto effetto. «La sua agonia è durata mezz’ora» diranno più tardi. E mentre la sua mamma finiva in caserma, Lorenzo volava in cielo. Dove tutti i perché, per fortuna, si dissolvono.

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