La cancelliera Angela Merkel che butta a mare l’approccio multiculturale, «perché ha fallito», raggiunge la folta compagnia di politici europei che considerano quel modello una vera e propria sventura. Il cosiddetto multiculturalismo prevede che se in una comunità omogenea per lingua, costumi e religione arrivano immigrati con lingue, usanze e religioni diverse le componenti vecchie e nuove debbano convivere cuocendo ciascuna nel proprio brodo. Con la speranza che il tempo faccia la sua parte. Cioè a dire: che il grosso degli immigrati se ne torni prima o poi nei Paesi d’origine; che il resto si integri bene, imparando a dovere la lingua del Paese ospitante e «dimenticando» le proprie origini; e che i figli degli immigrati abbandonino gli usi e i costumi dei loro padri per confondersi perfettamente con i loro coetanei «nativi». Insomma, un po’ quello che è accaduto agli italiani emigrati negli Stati Uniti: poco più della metà è tornato alla base e gli altri hanno voluto diventare americani al cento per cento. E nemmeno hanno insegnato ai figli la propria lingua.
Ma l’Europa dei primi anni Duemila non è l’America di fine Ottocento e primi Novecento. E gli immigrati che negli ultimi decenni sono arrivati nel vecchio continente non sono gli europei che hanno contribuito a costruire dal (quasi) niente gli Stati Uniti. La differenza più importante, quella che a torto o a ragione fa più paura, è quella della fede religiosa. Per questo nei Paesi europei, ciascuno con le sue specificità anche in materia di immigrazione, si rafforzano i partiti politici che propongono la ricetta opposta al multiculturalismo: l’integrazione. Ovvero, sono bene accetti gli stranieri che imparano presto e bene la lingua del Paese ospite e rispettano le regole, dalla Costituzione al regolamento condominiale passando per il codice penale e le norme sull’igiene nei locali pubblici. Quanto ai simboli religiosi tipo burqa, divieto assoluto.
L’elenco dei partiti che hanno fatto di questo approccio una bandiera è lungo e i loro voti crescono di elezione in elezione. E con le loro posizioni influenzano sempre più le politiche governative, anche quando non sono presenti nelle maggioranze.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.