Gli animali polari e dove trovarli (a proprio rischio)

Frank Westerman ci porta alla scoperta della natura selvaggia del mare di Barents

Gli animali polari e dove trovarli (a proprio rischio)

La chiamano la New Polar Silkroad. Risale lungo le coste della Scandinavia, gira intorno a Capo Nord, fiancheggia la Russia e, attraversando lo Stretto di Bering e il Mare di Barents, dal Nord dell'Europa arriva in Asia. Non è una traversata semplice, nemmeno per le tecnologie odierne e, per secoli, il "Passaggio a Nord-Est" è stato un miraggio, come quella "terra di burro" che a volte gli esploratori artici vedevano risplendere da lontano, pensando di avere avvistato la meta, e invece avevano solo incontrato l'ennesima illusione ottica. Uno dei pionieri di queste imprese è un olandese: Willem Barents, che negli anni Novanta del Cinquecento affronta tre missioni, fino a quella del 1596 a bordo della Behouden Huys che gli costa la vita. Non fa mai più ritorno a casa e muore nel giugno del 1597 a Novaja Zemlja, dove i suoi marinai gli costruiscono una tomba di ghiaccio "più luminosa del marmo". Ha donato il suo cognome a un mare freddissimo e inventato a sua volta molti nomi, per i luoghi inabitati in cui è capitato. Inabitati, fino a un certo punto. In quelle terre di ghiaccio, umani non ce ne sono, ma animali sì; orsi polari, trichechi, foche, renne, oche, per le quali quei bipedi mai visti sono "specie erratiche", come per noi le balene spiaggiate. È l'idea su cui Frank Westerman ha costruito il suo Bestiario artico (Iperborea, pagg. 416, euro 20): sette specie che hanno potuto osservare Barents e i suoi uomini passare lassù e che, oggi, lo scrittore olandese ci racconta, intrecciando biologia, navigazione, storia, politica, tradizioni culinarie, cronaca...

Come ogni bestiario che si rispetti, anche quello di Westerman è favoloso, in molti sensi, e ha un suo eroe assoluto: l'orso polare, il re del Grande Nord. Tra i resti della nave di Barents, gli archeologi russi hanno trovato un minuscolo ciondolo, intagliato in un proiettile: raffigura un orso bianco. Solo nell'ultimo viaggio, i marinai olandesi hanno incontrato gli orsi 54 volte, lottando ogni volta all'ultimo sangue. Se provano a uccidere un orso, l'animale pare inscalfibile: solo il suono delle trombe lo spaventa. E gli orsi assaltano spesso il capanno che gli esploratori si sono costruiti per sopravvivere all'inverno; qualche volta gli orsi diventano il pasto di Barents e compagni, anche se la carne non è di loro "gradimento", e ne rimangono intossicati. Uno lo squartano e lo fanno congelare, come un totem. Per scoprire questi predatori ferocissimi, Westerman si reca alle Svalbard, a Spitzbergen (che Barents chiama così per via delle "cime appuntite"): qui, l'orso la fa ancora da padrone, e ogni tanto mangia qualche umano (per esempio nel 2020). Se a metà degli anni '70 era a rischio estinzione, dopo che ne è stata vietata la caccia libera nel '73, la sua popolazione è in ripresa. Il cambiamento climatico? L'orso si è adattato in maniera sorprendente: altro che cuccioli alla deriva sugli iceberg, ormai molti hanno imparato a vivere a terra. Ed, eventualmente, a cibarsi di chi ha rovinato il loro habitat.

C'è un altro animale meraviglioso a popolare il Bestiario: il narvalo, la creatura più simile all'unicorno in cui ci si possa imbattere. Dopo la sua prima spedizione, nel 1594, Barents torna in Olanda con un corno in avorio. Ovviamente, il corno di narvalo è ritenuto afrodisiaco, ed è così prezioso che Elisabetta I, la regina delle regine, ne teneva al sicuro uno nella Torre di Londra, insieme ai gioielli della Corona. Nel novembre del 2019, non lontano dalla Torre, un ex detenuto (per terrorismo) ha ucciso due persone alla Fishmongers' Hall, sede della compagnia ittica britannica; un funzionario del ministero della Giustizia lo ha fermato e ucciso sul London Bridge con due zanne di narvalo che aveva trovato appese nel palazzo (e che forse erano state donate dal Principe Filippo)... Tutti e sette gli animali sono straordinari, in ogni caso: i lemming, per esempio, con i loro apparenti suicidi in massa, e che per noi si rivelano inaspettati maestri nell'"arte di morire", che portano l'autore sulle tracce di Eva Braun e di una sua crociera artica; o l'anguilla, tanto penalizzata dalle dighe odierne (Westerman, oltre che olandese, è anche ingegnere, perciò se ne intende) e a lungo amata come cibo a basso costo, grazie alle interpretazioni talmudiche e coraniche che la proibivano, che è finita al centro di una storica rivolta per i diritti civili e degli animali nella Amsterdam del 1886 (i poveri pesci erano protagonisti di un barbaro "tiro all'anguilla" fra i canali...). E ancora le renne e le oche colombaccio, abituate per natura a migrare superando la cortina di ferro e ritrovatesi al centro delle questioni geopolitiche degli ultimi cento anni...

Le renne che sconfinano, per esempio, di recente sono finite ostaggio dei russi che le tengono "prigioniere" esigendo onerosi riscatti ai norvegesi. Nel 2023 al governo di Oslo sono stati chiesti centomila euro a esemplare (ne avevano una cinquantina). Sono le stesse renne viste da Barents? Lui le osserva tutte: selvatiche (quelle delle Svalbard) e non (quelle norvegesi odierne, più grandi). E poi ci sono le oche colombaccio: i navigatori le incontrano all'inizio del viaggio e le ritrovano, già accasate e a covare le loro uova, a Spitzbergen. Conoscono bene questi uccelli, tipici dell'Olanda. Eppure, dal 1932 le oche colombaccio spariscono (o quasi) dai Paesi Bassi. Perché? Secondo una teoria olandese, a causa della caccia. Ma, una volta crollata l'Unione Sovietica, si scopre che ai prigionieri dei gulag veniva chiesto di sterminare le oche, per procurare cibo durante l'inverno. Mentre affamava gli ucraini, Stalin faceva anche annientare le oche colombaccio. E poi, e poi... i sovietici facevano anche incredibili ricerche sui pesci, per esempio per tingere di nero le uova di salmone, e farle passare per caviale. Lo scienziato Jurij Orlov ha tentato per anni di trapiantare il granchio reale rosso della Kamchatka dal Mar del Giappone a quello di Barents. Sembrava avesse fallito e invece, dopo qualche decennio, questa "Armata rossa di granchi mostruosi" (definizione del Moscow Times del febbraio 2003) ha invaso il Nord dei mari occidentali.

Quali che fossero le intenzioni di queste creature dal passo marziale e dalla dimensione gigantesca (fra le zampe possono raggiungere gli 1,8 metri e pesare quasi 13 chili) i crostacei rossi non sono riusciti a spaventare più di tanto gli umani: per loro sfortuna sono commestibilissimi. Infatti sono già stati dichiarati a rischio estinzione...

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