Un’annata decisamente positiva per vendemmiare sui monti liguri

Gian Maria Bavestrello

La «pigiatura» a piedi nudi è diventata - laddove persiste - elemento folkloristico. Si è pertanto arenata nelle secche del passato, insieme ad altri rituali di celebrazione del trapasso da frutto a mosto - da una stagione della vita a un'altra - dell'uva. Un trapasso che meriterebbe di essere ancora propiziato da canti, usi e costumi, se è vero - e lo è - che il simbolo eminente della nostra civiltà alimentare è proprio quel nettare (da assumere con moderazione) in grado di renderci edotti sul modo in cui piacere, amicizia, sincerità e redenzione possono rappresentare vivaci episodi della «saga» esistenziale.
Sebbene la tradizione del vino si sia tinta di modernità e di raffinatezza scientifica, nessuna tecnologia può dominarne le sfumature. Il suo fascino, lautamente decantato, consiste nella peculiarità di non essere riproducibile ad arbitrio. Le proprietà organolettiche possono assecondare o no i desideri e le abilità dell'uomo, che ogni anno vinifica e porta in tavola questa «notte dei tempi» in versione perennemente inedita. Perché il vino sa essere ogni anno unico e diverso? Perchè uniche e diverse sono le vendemmie.
Come suggerisce Marco Quaini, enologo genovese e docente Ais e Onav, «buon produttore è chi, raccolta un'uva di qualità, si limita a rispettarla». Diffidate, pertanto, dai vini abbondanti di lieviti selezionati, arricchiti di aromi estranei. Come di quelli che, senza possedere la struttura adeguata, vengono affinati in barrique. Il grande vino è tale quale uva lo fa. Per questo la vendemmia è determinante. E in Liguria vendemmiamo abbastanza bene, spiega lo stesso Quaini: «Non essendovi una viticoltura estensiva, non esiste una vendemmia meccanica, che del resto la pendenza dei vigneti - elemento di spicco di diverse aree liguri come le Cinque Terre - renderebbe difficilmente praticabile. L'uva preserva così la propria integrità, evitando fermentazioni indesiderate o attacchi di microrganismi deleteri per il mosto». Pur tuttavia, poiché il momento giusto per la vendemmia consiste nel punto ottimo di maturazione dell'uva sotto il profilo del rapporto fra zuccheri e acidità, del tenore polifenolico e degli aromi, dovremmo attrezzarci più adeguatamente - attraverso laboratori di analisi a più alto contenuto tecnologico - per determinare con maggiore scientificità ciò che oggi è valutato, in parte, empiricamente. Almeno da chi non si rivolge a strutture fuori regione. La vendemmia è, infatti, prassi delicata e densa d'insidie. «Deve piovere poco - sottolinea l'enologo - durante le fasi di maturazione e di raccolta dell'uva. La vite richiede un certo stress idrico che favorisca un rapporto fra la buccia e la polpa in grado di garantire un'alta presenza di quelle sostanze che, accumulandosi proprio nelle bucce, rendono nobile un vino». Nell'anno in corso gli acini risultano di dimensioni tendenzialmente minori rispetto a quello precedente, segno che si sta procedendo in questa direzione.

Un'annata - ad oggi - decisamente positiva, contraddistinta da uno scarso livello di prodotto danneggiato da muffe e da un'equilibrata maturazione aromatica resa possibile, anche, dalle medie-alte escursioni termiche registrate tra il giorno e la notte. Un'annata che si confermerà tale, soprattutto per le uve a maturazione tardiva come quelle coltivate nelle aree più montane, se in queste prime decadi autunnali il meteo non mostrerà pollice verso all'arco ligure.

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