Roma «Comprereste un’auto usata da quest’uomo?». Si può rivolgere al democratico Gianfranco Fini la stessa domanda che i democratici Usa posero a Nixon nel 1974. La risposta è articolata. Troppe volte Gianfranco ha cambiato bandiera e opinione, mentito, taciuto, brigato perché si possa dargli credito. No, un’auto usata non si può comperare e nemmeno un appartamento a Montecarlo perché l’ha già venduto.
Appalti. «Bisogna cambiare le regole per gli appalti in modo da garantire legalità e trasparenza ». Come dar torto a Fini? Peccato che l’ottimo presidente della Camera abbia fatto ottenere alla suocera un contratto in Rai ( cioè un appalto)ingerendo direttamente nell’azienda e che abbia procurato anche qualche minuscolo affare al «cognatino» per il quale aveva cercato un «minimo garantito » pur se non iscritto all’albo fornitori Rai.
Casini-Crisi. «È impensabile immaginare che l’Udc arrivi gaudente » a sostenere la maggioranza, il premier deve «aprire la crisi» ed «evitare una logica mercantile». È la contraddiziog ne più evidente: Fini rinfaccia a Berlusconi di volerlo sostituire coi centristi, ma è il primo a voler mercanteggiare un governicchio pur di archiviare il Cavaliere.
Etica. «Credo che questo decadimento morale sia la conseguenza della perdita di decoro e ri gore di quelli che sono i comportamenti di chi è chiamato a essere di esempio», ha rimarcato il presidente della Camera riferendosi al caso-Ruby. Belle parole ma vuote, soprattutto, se a pronunciarle è colui che ha svenduto un appartamento di Montecarlo di proprietà del suo partito a una società offshore che fa indirettamente riferimento al «cognato Giancarlo Tulliani. E che continua imperterrito a restare sullo scranno più alto di Montecitorio nonostante sia acclarata l’illiceità del comportamento.
Falchi & Colombe. «Non ci sono falchi e colombe», ha ripetuto ieri.I fatti lo smentiscono. Il povero ministro Ronchi s’è sgolato a rivendicare «quanto di buono ha fatto il governo» e a sottolineare che «bisogna rafforzare il bipolarismo». Per «duri» Briguglio, Bocchino & C bisogna «cogliere l’attimo» per uccidere politicamente il Cav. No, non ci sono falchi e colombe. Sarà stato per qualche altro motivo che qualche giorno fa Granata e Moffa sono venuti alle mani durante un pranzo.
Gay. «Rispettare la persona vuol dire che non si possono distinguere etero e omossessuali ». Ormai gli italiani lo sanno Fini combatte a favore dei diritti della comunità gay. Quello stesso Fini che nel 1998 aveva affermato che «un omosessuale dichiarato non può fare il maestro».
Immigrati. «In Europa non c’è movimento politico così arretrato come mi sembra il Pdl, allevato alla peggior cultura leghista ». Certo, oggi Gianfry è il teorico della cittadinanza breve. Ma quando raccolse l’eredità almirantiana si proponeva come obiettivo «preservare l’identità culturale e razziale dell’Italia» contro un certo «sindacalismo comunista», contro Confindustria e «qualche prete trafficone».
Intercettazioni. Il governo «non ha preso coscienza delle priorità nell’agenda degli italiani, altro che il ddl intercettazioni ». Oggi Gianfry è un idolo dei giustizialisti e delle toghe rosse, ma quando con la magistratura ebbero a che fare la ex moglie Daniela Di Sotto e il fedele ex portavoce Salvo Sottile nel 2006 il presidente della Camera non fu così leguleio. «Posso capire l’intercettazione di una persona già indagata, ma quando ci sono persone che non c’entrano nulla che hanno solo la colpa di essere mia moglie... È una questione p che riguarda la civiltà di un Paese ». Oggi Fini non è più chiamato in causa e, quando lo è, fioccano le richieste di archiviazione dei pm, perciò la regolamentazione delle intercettazioni non è più una priorità.
Legge elettorale. «Non c’è patto di legislatura se non si ha il coraggio di cancellare una legge elettorale che è una vergogna ». Questo è il Fini di Bastia Umbra, ma basta andare indietro di cinque anni e si ritrova il vicepremier Fini Gianfranco difenderne la riforma. «La legge elettorale proporzionale affermava- è garanzia della difesa della sovranità dei cittadini nelle urne perché se cade la maggioranza, si torna subito al voto». L’esatto contrario del semi-ribaltone prospettato alla convention di Fli.
Personalismo. «Altro che rancori personali. Gli uomini passano, le idee restano. Per questo non vi chiederò mai di cantare “Meno male che Gianfranco c’è”». No, il signor Tulliani non fa una politica personalistica. È contrario al culto della leadership. Anche per questo si è fatto un partito a suo immagine e somiglianza nel cui simbolo più della metà dello spazio è occupata dal suo nome.
Regole. «Creare un partito di centrodestra che si caratterizzi per un maggiore rispetto delle regole, delle istituzioni», ha pontificato ieri sul Welt am Sonntag. Certo, un partito come An dove tutti i temi erano decisi e stabiliti dal presidente e dove tutti gli «incarichi» dei colonnelli furono azzerati nel 2005 perché sorpresi a criticare privatamente il gerarca Gianfry.
Sinistra. «Non saremo mai subalterni alla cultura della sinistra». Eppure è proprio a sinistra che ieri Gianfranco ha trovato i principali estimatori a cominciare da D’Alema passando per il veltroniano Tonini («È un nuovo Lingotto») per finire con Di Pietro che gli chiede di appoggiare una mozione di sfiducia. E pensare che qualche anno fa bacchettò le intemerate Udc dicendo che «se una dichiarazione di Casini crea entusiasmo nel centrosinistra, forse è sbagliata».
Zattera. «Fli non sarà certo An in piccolo, ma non sarà nemmeno una sorta di zattera della Medusa pronta a accogliere naufraghi di ogni stagione. Porte aperte a tutti esclusi affaristi e carrieristi ». Quando si dice predicar bene e razzolar male.
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