Il progetto è di quelli ambiziosi, che superano gli steccati imposti al teatro, mettendo le ali alla ragione prima che al sentimento. È Il romanzo di Ferrara spettacolo diretto da Piero Maccarinelli, realizzato sulle opere dello scrittore Giorgio Bassani - scomparso nel 2000 - che debutta domani al Palladium a cura di Artisti Riuniti, Ente Teatrale Italiano e Fondazione Romaeuropa e la consulenza della Fondazione Giorgio Bassani. Oltre mille pagine (dalle Cinque storie ferraresi al celebre Giardino dei Finzi-Contini) passate al setaccio, storia dopo storia, personaggio dopo personaggio, fermandosi sulla vicenda di uno dei 183 ebrei ferraresi deportati: quel Geo Josz del dolente racconto Una lapide in via Mazzini. Un microcosmo ribollente che esamina il tema dellumana esclusione e delle vittime delle leggi razziali a Ferrara nel 38, trasformato in copione teatrale a uso di una compagnia di giovani diplomati dellAccademia darte drammatica Silvio DAmico e del Centro sperimentale di cinematografia.
Impossibile per gli aspiranti protagonisti a caccia di un ruolo chiedere «aiutini» esterni: il progetto è stato avviato nel luglio scorso tramite bando di concorso, grazie a un accordo firmato dalle due scuole di recitazione e dallEti. «Al bando hanno risposto cento diplomati degli ultimi cinque anni; i provini sono stati lunghi e laboriosi e cè stato un utile interscambio tra cinefili e drammaturghi. I 15 che ce lhanno fatta - precisa Maccarinelli - hanno partecipato a laboratori storico-letterari e commentato le pagine di Bassani con Vancini e Montaldo per approfondire la preparazione».
Il testo dello spettacolo, denso e magmatico, è stato forgiato da Tullio Kezich («non aspettatevi un fedele romanzo sceneggiato, quello lo fa la tv») il quale si è soffermato sul periodo storico 38-46, sintetizzando un contesto sociale e storico di cui è importante preservare la memoria: dallambientazione (firma le scene Paola Comencini) ai costumi (Sabina Chiocchio) e dalla politica alle vicende personali. «Bassani era un ebreo laico, non dottrinale e antifascista; non rinnegò mai i suoi trascorsi - commenta Kezich - dopo la liberazione, la sua Ferrara divenne città laboratorio dalle mille trasfigurazioni» spiega lo scrittore, che ha messo insieme il copione teatrale come una visione, combinando i pezzi in modo critico, arbitrario e narrativo, sovrapponendo i personaggi, ricordandoli o spesso solo sognandoli.
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