Dopo la stroncatura del New York Times, nuovi «guai» a mezzo stampa si abbattono sulla teca dellAra Pacis. A gettare ombre sullopera di Richard Meier è AD, prestigiosa rivista internazionale di architettura, che in un pungente articolo a firma di Cesare de Seta rimprovera al progettista americano di non aver «rinunciato alla sua griffe» al momento di misurarsi con «unarea del centro storico di Roma tra le più dense e ricche di memoria». Un «sito delicatissimo», quello di piazza Augusto Imperatore, nel quale Meier - osserva lurbanista - «non è andato con la mano leggera».
Dopo aver menzionato le qualità dellopera come «macchina museale», in grado di preservare laltare da impatti esterni e garantirne unefficace illuminazione, de Seta avanza i suoi incisivi distinguo parlando di un «assai meno felice involucro esterno». Rievoca le dure critiche di Vittorio Sgarbi, che ebbe a definire la teca «un cesso orrendo realizzato da un architetto incapace», e chiosa: «Che sia incapace Meier è solo una boutade, perché Meier tutto è fuorché un incapace: piuttosto gli rimprovero di non aver rinunciato alla sua griffe. Un grande architetto - si legge in chiusura dellarticolo - non è uno stilista, deve saper abbassare la voce: Meier non ha avuto il coraggio di farlo ed è una debolezza non da poco. Quando sarà definitivamente conclusa la sistemazione dellarea si potranno vedere delle migliorie, ma limpatto traumatico con il contesto rimarrà. Eccome!».
«Questo dimostra che quando vengono meno i condizionamenti culturali la teca dellAra Pacis viene giudicata per quel che è - commenta Federico Mollicone, capogruppo di An in centro storico -. Per aver avanzato critiche siamo stati bersaglio di ogni genere di insulto. Ora si scopre che anche il New York Times e AD dicono le stesse cose: saranno definiti sciagurati anche loro?».
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