Luca Fazzo
Enrico Lagattolla
Milano - Diciotto anni fa (meno sei giorni) l’imprenditore Luca Magni consegnava una valigetta con sette milioni di lire a Mario Chiesa. La mazzetta che aprì la stagione di Tangentopoli. Era il 17 febbraio del 1992. Diciotto anni dopo, lo schema si ripete. È ancora un imprenditore a scuotere la politica milanese. Questa volta, le manette sono scattate per Milko Pennisi, consigliere a Palazzo Marino, eletto nelle liste del Pdl, presidente della commissione Urbanistica e amministratore delegato del centro congressi «Stelline srl», fondazione che organizza eventi, mostre, convegni. E macina fondi.
Pennisi viene fermato ieri sera dai finanzieri e dai poliziotti della sezione di polizia giudiziaria mentre sta passando all’incasso in piazza San Fedele, alle spalle del municipio. Sono passate da pochi minuti le 19. Gli viene consegnata da un costruttore una valigetta con cinquemila euro in contanti. Ma è una trappola. Le banconote sono già state fotocopiate una per una, e tutta la scena viene ripresa dalle telecamere degli investigatori: perché tre giorni prima del pagamento, l’imprenditore era andato in Procura a raccontare tutto, spiegando di avere già dovuto versare a Pennisi cinquemila euro per sbloccare una pratica. Il costruttore aveva subìto. Ma il politico era tornato alla carica pretendendo una seconda tranche. È stata la voracità, insomma, a risultare fatale al cinquantenne ex liberale.
Immediatamente dopo il passaggio di mano della valigetta, Pennisi viene fermato. Gli basta un attimo per capire di essere nei guai fino al collo. Lo portano in questura per fargli le foto segnaletiche, poi negli uffici della polizia giudiziaria per il primo interrogatorio, che si protrae fino a notte. Accanto ha il suo difensore di fiducia, Antonio Bana. Davanti, tre pubblici ministeri, tre donne: Grazia Pradella, Tiziana Siciliano e Laura Pedio. Le prime due si occupano di reati contro la pubblica amministrazione, l’ultima di reati finanziari: ed è un segnale che forse l’arresto di Pennisi potrebbe essere una costola di qualcosa di diverso e di più grosso. Ma per ora, fanno sapere in Procura, siamo di fronte a un caso specifico, impressionante nelle modalità ma di modesta entità economica, come dimostrano i diecimila euro pretesi dal politico, e la stessa pratica oggetto dell’estorsione, una realizzazione edilizia di non particolare rilevanza in via Broglio (nome evocativo...), nel quartiere della Bovisa, periferia nord ovest della città.
La pratica sonnecchiava da anni negli uffici comunali. A settembre dell’anno scorso, al costruttore arriva una telefonata: è Silvana Rezzani, segretaria di Pennisi. La commissione presieduta dall’esponente azzurro deve dare solo un parere, non vincolante. Ma è chiaro che se fosse negativo, il destino del progetto sarebbe compromesso. Pennisi e il costruttore si incontrano a ripetizione, a volte per strada, a volte addirittura in Comune. Alla fine, il politico fa la sua richiesta: diecimila euro in due rate, una prima del voto, una dopo. La prima consegna avviene in novembre, in via Montenapoleone, i soldi passano di mano infilati in un pacchetto di sigarette: il costruttore, che evidentemente medita già qualcosina, fa filmare l’incontro. Pochi giorni dopo, puntualmente, la commissione presieduta da Pennisi firma l’ok.
Ma il costruttore nicchia, recalcitra, cerca di tirarsi indietro: anche perché la pratica risulta di nuovo inabissata nelle profondità degli uffici comunali. L’8 febbraio, davanti alle insistenze del presidente, l’imprenditore va in Procura e firma la denuncia. Tre giorni di tempo, e la trappola è pronta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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